giovedì 2 agosto 2012

2 agosto, Day 9. Sempre più colante di ritmo ed eventi sovrannaturali dietro l'angolo.

    Sveglia con una chiamata di Ilaria che ci propone di fare un pezzo di strada insieme per andare al centro di volontariato per bambini fuori città. La proposta viene subito abdicata per mancanza di tempo, cibo, dormiveglia avanzato e rinviata ad un'ora dopo. Post thè veloce, chiamiamo deux motards che ci portano sulla strada battuta de la campagne, tra nuvole di sabbia rossa e sobbalzi appena al di là dell'asfalto poco dopo l'aeroporto. E' un viaggio per tentativi, domande, telefonate italiane tradotte in kinya, ritorni e punti a capo, passaggi per villaggi con case blu sponsorizzate dalla compagnia telefonica Tigo che, infine, ci porta per 1000rwf e mezzora di moto a destinazione.
    Il centro per i bambini è circondato da poche casette, dei bananeti, delle stalle che producono biogas riutilizzato per cucinare (perché dicono che sono così costosi, allora?), ed una nuvola di bambini sporchi di terra rossa, felici ed urlanti di vivere sotto un sole cocente. Incontriamo Ilaria, dottorandi, amici con cui giochiamo e cantiamo canti nativi con strane contaminazioni come Bandiera rossa in medley alla Macarena. Un putiferio di vita e gioia sgorgante da piccoli esserini dallo smisurato talento naturale per ritmo, danza, canto, socialità e semplicità, felici da matti di giocare con en effect, rien
   Dopo non aver capito se ho visto il mio primo Pigmeo oppure no -con opinioni alterne su un individuo adulto più basso di molti bambini-, ecco che faccio l'asta della bandiera per il gioco del fazzoletto chiamando numeri in inglese fino al 18. Resto un'ora sotto il sole assistendo alla genuinità disarmante di tale gioco, semplice ma goduto come pazzi dai marmocchietti che provano avidamente la mia macchina fotografica con le loro ditina sotto la mia supervisione.
   Ditate e ditate sull'obbiettivo non mi fermano dall'immortalare questi bimbetti che sono anche incredibilmente fotogenici ed espressivi. Con loro suono anche un tamburo fatto con un di bidone, dello spago e pelle tirata, battuto con bacchette di canna che mi fa godere del talento ritmico di questi potenziali piccoli nuovi Tullio De Piscopo.
     Il pranzo con le sisters e la prima animatrice del centro inizia con una preghiera "obbligatoriamente" fatta da Chis, un altro ragazzo italiano, e prevede un menù praticamente uguale ripetuto all'infinito: banane, legumi, riso, verza, carne di dissidente politico e/o capra, ed una new entry terribile consistente in un pappone di farina di manioca dal sapore di popò di stalla ovina. L'acqua, seppur secondo le fonti bollita due volte, ha un sapore di scamorza affumicata ed è piena di granelli di sabbia.
    Sognando piscine d'acqua dolce e potabile per assestare la sete, con i bimbi si torna a suonare, giocare, osservare le differenze dell'uomo bianco e fare ripetutamente click con la macchina fotografica azionata dalle loro ditina curiose. Stancherrimo, decido di tornare solo e con un motard di passaggio a casa per darmi una tirata a lucido in vista del réportage all'église dei Rappin' Priests. Mi doccio, tasto la pazzia umana e prendo un thè con Marianne sonnecchiante sul divano, le spiego i progetti in corso mentre lei tiene un occhio aperto e le orecchie semi-chiuse, poi prendo una moto direzione KIE ed arrivo in uno dei miliardi di centri religiosi di ogni salsa e genere che si trovano dans la ville.
    Tra lunghe e noiose letture seguite con carta e penna degli astanti, una introduzione con live-band e incitamento di sottofondo che mi fa pensare agli U2/MArvin Gaye, facendo emergere una dimensione emozionale del tutto simile ad un concerto rock. A lato del palco vi è un ragazzo addetto alla proiezione del Karaoke cantato da un impianto corale sviluppatissimo, con suoni perfetti ed ogni particolare curato benissimo, con passione. Si passa da canti, balli, facce estasiate e trasportate dal momento a silenzio totale, ascolto del sermone -con spazi anche di "intervento col pubblico"-, discussione di temi locali e problematiche, offerte raccolte e reinvestite in questo forma di g-local social welfare.
    Di certo la nostra immagine italiana di Ritual Service è lontana anni luce: questo è un vero e proprio evento in diversi atti, con diversi interventi, aperta alla partecipazione personale e con un enorme risposta degli astanti. Si parla di gente tutta compresa tra i 18-30 anni, con qualche spruzzata di mezza età -che in questo paese di fatto sembra essere stata spazzata via dal '94-. Di certo si capisce perché sia così successful, di come sia un potente strumento per dare risposte ed aiuto a problemi, passati terribili vissuti spessissimo in tenera età. La materialità è palpabile, di certo non si parla di cose sovrannaturali fini a sè stesse: è un sistema complesso, una rete di relazioni, antropopoiesi contro l'identità, un rito di passaggio, un barile di birra di banane...una deformazione professionale da studio che veicola l'interpretazione?
    Irene mi raggiunge dalla farmacia poco dopo -per le ferite da longboard- e, dopo aver montato un pò di attrezzatura, si accorge di aver subito un furto (con un oggetto anche mio messo a segno), cercando di fare mente locale con la banale conclusione di scarsa sorveglianza al proprio zaino.
    A fine service contatto per delle interviste le massime autorità responsabili, per poi essere invitato nella solita ricca casona in cui queste figure vivono arrivando col solito ricco fuoristrada per gentile passaggio concessoci. L'intervista dura 50 minuti e diverse giga di riprese, passando da diversi temi molto interessanti improvvisati sul momento e, memore dell'esame col buon Comba, cerco di andare oltre i soliti dogmi, le solite dottrine auto-giustificanti che per nulla giovano ad una ricerca scientifica con temi sociali, economici, politici, storici. Ricco materiale che fa fumare la videocamera e la testa del Priest, molto collaborativo e fiero di essere strizzato di domande che mi serviranno anche per le prossime ricerche.
    Inutile dire che l'antropofagica conclusione della totale opinabilità di scelta e relatività dei punti di vista sia ostacolata da una presunta assoluta Verità dottrinale, dove i limiti del discorso religioso -così come di qualsiasi altro tipo- non vengono nemmeno percepiti, ma anzi celati. Di certo la riflessione non vuole essere troppo profonda: si preferisce semplicemente imporre la Fede, creando una potenziale manipolazione di massa -che di fatto già avviene- ma a cui si devono comunque riconoscere meriti e funzioni pratiche. La plausibilità dell'altro appartiene anche a noi/loro, esiste o è solo una chimera partorita da qualche accademico? Di certo qua ogni cosa è vissuta con emozione e trasporto da fare impallidire tutta l'Europa per qualità e genuinità, creando da poche bricciole un impianto scenico ed espressivo di prima classe che forse è la giusta soluzione per molti problemi.
    Alle ore 22.30 finisce l'intervista, riceviamo un passaggio fino a Sonatube Road ed inizia il back-up sul netbookino di servizio in Africa. Irene è aiutata da Marianne nel cambio bende e disinfezione con fare da infermierina/mamma cazziante che tenterà anche di avvertire via Skype dell'accaduto i parents  del degente Dorigatto del Rwenzori. Sexebeh (ma come si scriverà mai?) mi accende una candela in camera perchè troppo tardi per riparare dei contatti elettrici, con un'atmosfera tra l'inutile romantico e l'inquietante cagasotto ove scrivo il diario di bordo con la puntata dei nostri piccoli eroi che giunge qui al termine.


Uno dei piccoli futuri Tullio De Piscopo con assistenza tecnica alle spalle. "Basta con questi bonghi non siamo mica in Africa che avrà pure tanti problemi ma di certo non quello del ritmo"...grazie Elio, questa frase riassume tutto perfettamente. Foto del Maichi-Bu-ntu Pasquale.