venerdì 24 agosto 2012

24 agosto, Day 31. Leopardare come mesti lupetti alla luna.

   La sveglia suona alle 6 a.m., causa masterizzazione feroce da completare. Spulciando minuziosamente i progetti arrivo a 20 allegati e oltre 20 pagine di progetto, ma salta fuori una dimenticanza: la traduzione in kinyarwanda del consent form alle riprese audio/video. Chiamo Sexy Bear dal giardinetto dietro casa e faticosamente lo invito a tradurre passando dall'inglese al francese alla complicata lingua locale, interpretando il senso di ogni singola parola e della frase nel contesto generale di possibile utilizzo. Un lavoro da malditesta immediato, corretto da Marianne e in parallelo ad una traduzione via sms con Gennaro, richiamato in tutta fretta per domandargli di contribuire a questa necessaria follia.
     Alle 8 e 15 arriva un avviso riguardante il visto: pratica ritardata per necessaria documentazione del Mineduc.
     Alle 9 e 30 esco con una traduzione rivista ed un chilogrammo di file pdf nel netbookino.
    Alle 10 e 10 sono al ministero per cercare di capire come sciogliere una catena organizzata ma del tutto insensata che blocca i destini e gli intestini dei giovani studenti esteri.
     Alle 10 e 20 J. mi chiama dal KIE dicendomi che, con i passaporti all'Ufficio Migrazione, possiamo rimanere nel paese fino a settembre aspettando il giorno della prova finale a “Chi vuol fare l'antropologo in Rwanda?” (trasmesso in prima serata dopo le telenovele preferite di Marianne).
     Alle 10 e 30 sono a casa e chiamo V. per esser sicuro di trovare in ufficio qualcuno per depositare i progetti. Ricevo la lodevole risposta: c'è tempo fino a lunedì mattina. Urlo silenziosamente di gioia e respiro per qualche secondo dopo ore di apnea ansiogena.
     Alle 11 chiamo F., italian friend dottorandessa, che si rende disponibile a darci qualche dritta sulla redazione del complicatissimo progetto. Manca qualcosa, qualcosa è da cambiare, qualcosa nemmeno lo avevamo pensato ma di certo un week-end di lavoro è davanti i nostri nasi vittime della grippe.
    Incontriamo anche Ilaria e prendiamo 8 caffè in 4 persone (noi, italiani!) in un locale gestito da un connazionale creando, tra gossip e scherzetti, rumori di lavori pubblici impertinenti e scleri condivisi, una piccola comunità antropofagica equatorwandiale.
     Ci si divide. Io tento di prelevare soldi dal bancomat per risparmiare spese di commissione ma sono costretto alla solita Ecobank con carte du crédit. Il Dorigatto decide di fare gran spesa in vista dell'invito a cena di Juventine verso le 7 p.m. La cucinista Doris prepara una pasta con pecorino, pomodor+avogado, salsicciette con insalata e gran finale con torta al cioccolato preparata proprio dalle sue hands.Satolli come non mai finiamo la cenetta, facciamo gli applausi all'autore e Juventine scappa via in motard verso Nyamirambo.
     La luna è tagliata col coltello, arancio-gialla appesa nel cielo. Si domanda se cadere giù e schiacciare qualcuno, qualcosa, o starsene lì a ghignare del mondo e delle sue follie dal quel posto in tribuna.
     Sembra non le importi granché.
    Ma alle volte pare voglia invece cambiar idea, scendere a bordo campo, dare due dritte al gioco, un consiglio ai suoi poveri attori di passaggio là, sotto i suoi occhi.
    Rimarrà la placida, eterea donna immobile e crudele di sempre, o ascolterà il canto notturno di un pastore errante dell'Asia e le malinconie di questa fetta di mondo africana?



    Se vi servisse un posto per le liste nozze a Nyagatare. Foto del Maichi-bu-ntu Paschal'12.

23 agosto, Day 30. Scoprire cos'hanno in comune le telenovele indiane doppiate in francese, le zanzare (forse) malariche ed i lamentosi canti del muetzin.

    Ansia causata dalle grandi cose che ci stanno davanti al naso, un prurito che nemmeno scarnificandosi si può attenuare, in attesa straziante della svolta di culo e/o buona riuscita all'avventura rwandese in veste burocratica.
      Andiamo al KIE, lavorando tra 4 pc divisi tra scanner, stampanti, programmi di scrittura e ritocco per tutto il pomeriggio. In serata arriva Gennaro per la traduzione alle domande, alle lettere di presentazione dall'inglese al kinyarwanda.
     Nel corso di questa follia chiedo persino ad un preticello di aiutarmi a tradurre ma poi, con gran sorpresa, l'uomo di fede non si dimostra per nulla affidabile sciorinando persino un'improbabile scusa ovvero: “domande misteriosamente perse”.
     Per ringraziare dei suoi sforzi il gentile e fruttuoso Gennaro, invece, si fa cena insieme al ristorante etiope, strapieno di muzunghi dai musi lunghi e japanese in piccola colonia locale. Un grande piattone in alluminio rivestito di una pasta particolare è tempestato di piccole grandi prelibatezze di carne, salsette, verdura e chissà cos'altro, con quell'affascinante retrogusto di una spezia di cui non ricordo il nome. Si mangia prima come sciacalli, poi come passerotti e si finisce con la sensazione di avere appena finito il veglione di Natale; anche Gennaro getta la spugna, sorseggia il suo caffèlatte (perché, anche dietro consigli di ben 2 italiani, sceglie comunque questo per accompagnare la cena?)- e sente chiedere pietà dal suo intestino crasso.
    Ci voleva proprio. Un pasto diversamente etnico, il Dorigatto leccantesi i baffi ben impegnato a soffiare forte sui bocconcini di pesce ardenti, un numero superiore a due di persone dal colore bianco o quasi per sentirsi più a casa, un conto modesto -per noi europei-, una mangiata in quantità industriale.
    Con fatica troviamo due motards dal prezzo ragionevole e offriamo il trasporto anche a Gennaro. Arrivato al portoncino d'ingresso sento una forte indescrivibile stanchezza, sogno di sognare sogni senza Marzullo ma con più serenità, mi accascio nel mio subconscio e fisso la sveglia alle sei.
    Si, perché si devono ancora masterizzare 18 cd-rom colmi di progetti e lettere per la grande gioia della mia pazienza e per l'industria del mercato delle flebo, degli integratori e dei ricostituenti fisici.



    La raccolta non differenziata di Nyagatare ed il banner con i consigli per scegliere o ricordarvi la vostra fede. Foto del Maichi-bu-ntu Paschal '12.

22 agosto, Day 29. Ntwari Mikayire e la pura normalità.

     Mattinata solitaria per uffici e ministeri cercando di cavare un ragno dal buco, di capirci qualcosa, di creare un buona atmosfera, di conoscere e creare conessioni, insomma...di tirare per i capelli il fato nella nostra direzione. I risultati sono sempre velati di mistero, seppur con qualche precisazione in più, ma pagare e non essere certi di ottenere qualcosa qui è la pura normalità. Meccanismi incomprensibili al buon senso umano rendono difficile anche masterizzare un cd, quasi come cercare di tirare giù la luna con amo, verme e canna da pesca.
     Nonostante ciò torno al KIE, lavoracchio in post-produzione per tutto il pomeriggio e godo di una fluida connessione che rende più reale le conversazioni skype-izzate. La stagista meno indaffarata della terra risolve i suoi compiti con una fotocopia in tutto il pomeriggio, un ascolto ripetuto della stessa canzone e una placida non-curanza dei muzunghi italiani che le stanno attorno.
     Becchiamo Genereuse al Karibu, a cui da giorni ho promesso di dare la mia parte post-prodotta delle foto del suo matrimonio. Il servizio le piace e, galvanizzata dalle novità, decide sul momento di farsi aprire un account facebook. Pasticciose dimenticanze password, foto marriage improbabili e richieste di celare la sua vera età sono nulla a confronto con una traduzione interpretata in kinyarwanda del “Dorigatto del Rwenzori”. Vale davvero la pena spendere due righe su quest'ultimo punto.
    Se il gatto domestico in kinyarwanda è “injangwe”, il gatto selvatico, ma anche la gente di campagna -o così almeno ci è stato riferito- è “inturo”. Dopo la proposta di un banale fiore -”karabo”- e di una ancora più piatta 'bella'-”mbigiza”- proposte da T. (arrivato da lì a poco), si propende per la denominazione 'gatto di montagna' come forma di traduzione più vicina al vero nome del Dorigatto del Rwenzori. Un vero e proprio volo pindarico filologico del tutto inutile ma sicuramente spassevole seppur del tutto futile.
      A me, invece, mi si appioppa l'epiteto Ntwari Mikayire, ovvero le “vaillant Michel”.
    Salutiamo Genereuse e la lasciamo dalle sisters dove vive, poi ci si divide: Doris segue la via di casetta, causa+effetto del milk-shake pomeridiano; io bevo ancora una coca con T. parlando del più e del meno della vita quotidiana rwandese a Nyamirambo. Prendo il mio solito motard per il ritorno notturno -anche se alle 6 è buio qua- e, dopo aver aspettato molteplici tentativi di aprire la porta sul retro da parte del Dorigatto, ecco che Marianne nella totale oscurità (i soliti Kigali's black-out) riesce ad aprirmi e a farmi ritrovare un letto quasi comodo su cui riposare dai grandi lunghi scleri giornalieri tutti i laghi in tutti i luoghi.




     Il tramonto a Sonatube, 5.50 p.m. (!). Foto del Maichi-bu-ntu Paschal '12.