I miei panni ad
asciugare al sole africano sopra un muretto, su cordicelle sparse qua
e là per un giardinetto, su ogni spuntone uscente da un muro...ovunque, insomma. Spero di ritrovare tutto perché già le cose che
ho sono davvero poche: ho fatto il conto di ogni singolo abito, ma temo che mi
toccherà controllare anche il numero dei calzini.
Colazione nella
bottega del quartiere con latte cagliato e chapati caldi,
amadazi per festeggiare ammirando la preparazione dei
prodotti locali con acqua, farina, uova e un po' di cipolla. Ieri
sera non ho fatto cena, questa mattina il gallo ha cantato alle 6 in
punto con l'arrivo del sole e alle 4 del mattino ho sentito il
moetzin cantare (un motivo però differente da quello di
Sonatube: repertorio differente?). Di certo ho bisogno di
rifocillarmi.
Vado alla biblioteca
nazionale dagli enormi vetri a specchio sulla facciata e 10 operai
nell'intento di pulirli con lunghi bastoni. Entro, e scopro che la
tessera per stranieri costa ben 100,000frw per un anno, internet 5000
rwf al mese e per di più non si può parlare in nessun luogo
dell'edificio. Scappo via dalla malsana offerta inculante e vado al
Magda, distante soli 500 metri per un french press small e
connessione illimitata a soli 1000 rwf e rotti. Preparo l'intervista
del pomeriggio, tiro giù considerazioni all'alba dei 22 giorni
rimanenti, parto in quinta per la raccolta del materiale, faccio una
back-uppata in tutte le salse possibili immaginabili dei
documenti ed uso le batterie d'emergenza+l'ultra-pazienza a dosi
extra.
Dopo un croissant
dolce ripieno di carne tritata e cipolla spacciato per specialità
della casa -il piatto più economico- e la lotta con il ketchup per
irrorare il mio contorno di patatine fritte, mi dirigo a pagare la somma
muzunga.
Una breve pausa casalinga con
Silvestro per suonare qualcosa, poi si prende lo zaino e dritti a fare ricerca nel quartiere. Due ore d'intervista decisa, con una sorta di focus group di sei persone a funzione di testimone, curiosi, partecipanti e uditori a farne da cornice.
Finisco alle sette di
sera ed esausto cerco di tornare a casa dove suono altre tre ore per
rilassarmi con un pubblico piccolo, cangiante e di passaggio nella
casa di K. Si esce a cercare da mangiare alle 10 di sera con gran
difficoltà. Nel quartiere i buffet sono deserti, o quasi
finiti; rimangono chapati freschi, ma pur sempre chapati
(basta!).
Nasce
il tormentone: “Perché hai bevuto ikivuguto in una boutique
alle 22.30? Di sera? C'est la follie! Non è normale, la gente
parla, nel quartiere...parla!”. Io bevo il mio latte cagliato sul
posto, me ne frego, sono troppo affamato. Dal momento che intervisto
pluri-miracolandi ogni giorno ed è del tutto normale,
perché bere yogurt la sera è bizzarro? Cerco di farmelo spiegare,
ma una vera ragione non c'è, o non è facilmente afferrabile. Cosa
fare e cosa non fare, come, quando e cosa mangiare: la normalità è
qualcosa di culturale. Bella scoperta dell'acqua calda.
Si torna a casa, si
scherza ancora sulla faccenda Ikivuguto e crollo subito dopo
essermi lavato le zanne col dentifricio al mentolo di K.
Cantieri africani. Forse è meglio fare i domestici? Maichi Ntwari Pashcal.