Finalmente un sonno
quasi ristoratore mi sovviene ma in realtà è più un tentativo che
un russare effettivo. Mattinata lottando con skype perché si
stabilizzi e serva a fare ciò per cui è stato fatto, imprecando
contro la MTN o chiunque altro passi sotto mano.
Mi accorgo, pur
sapendolo, di non avere nemmeno un vestito che sia definibile
“utilizzabile”. Grazie a Dio passo a prendere in lavanderia il
bucato di queste 2 settimane, cavandomela con 5 euro a testa per due
persone e ritirando un lavoro perfetto: maglie lavate, stirate,
piegate minuziosamente, riposte in sacchetti semi-rigidi e dal sapore
di pulito.
Ritorno a casa,
prendo un thè con Sexebeh (con gran fatica solita d'accettare un
contatto con i padroncini, c'est la culture), poi prendo i
bagagli e vado in direzione KIE. Al dipartimento lascio ciò che è
superfluo per tornare con la macchina foto al marché Kimironko in
vista di un piccolo réportage tra
le sementi, le verdure, i frutti, le carni macellate appese, i
pesciolini sotto sale in grandi sacchi di iuta, i fagioli
multi-colore.
I commessi sono divisi tra il volere essere
fotografati, il non volerlo esser per nulla ed il provare a farsi
pagare boffonchiando il solito “Muzuuunguu”
tra i denti con un sorrisetto furbetto. Faccio qualche scatto con non poche difficoltà: un pescivendolo mi
mostra una banconota americana e dice “for photo, one dollar”;
un'altra si nasconde per poi chiedere soldi anche lei ma a viso
scoperto; un macellaio offre campo libero, mentre i suoi vicini si
sdegnano per poi chiedere soldi anche loro ed infine farsi
fotografare persino in pose colorite senza alcun problema. Questi
furbacchioni ci provano sempre, ma poi collaborano il più delle
volte onestamente e senza chiedere argent.
Esco dal recinto
mercatale e dai labirinti interni carichi di ogni genere di merce,
torno al Kie e svolgo qualche ricerca bibliografica su tesi e
pubblicazioni che potrebbero tornare utili.
Mi scontro con la placida indifferenza delle bibliotecarie, dalla
calma serafica con le loro Fanta e le loro canucce, tanto che
ad un certo punto chiedo di poter controllare autonomamente il
database per non arrivare a Natale a mangiare panettone
rwandese ma senza alcun libro.
Per i permessi al prestito si segue sempre la stessa commedia. Fase
zero: non c'è nessuno al momento per fare ricerca sul pc, dovrebbe
arrivare tra poco (tempo indeterminato, ma poi ce la facciamo). Fase
uno: impossibilità assoluta, necessaria lettre per portare
via qualcosa. Fase due: in questo momento non c'è il responsabile,
non si sa quando trovarlo nè dove. Fase tre: non importa, segniamo
sul registro, prendi pure ciò che ti serve. Fase quattro: ovvero la
restituzione dopo aver consultato, con la domanda “Hai preso libri
senza permesso? Ah, ok! No problem”. Fase cinque:si ripete
la fase zero o si tenta di passare alla fase tre bypassando le
bibliotecarie. Ed i pomeriggi trascorrono.
In Dipartimento la connessione viaggia come un treno e ci si
skype-izza con l'amour et les amis distanti chilometri:
il contatto è manchevole, la voglia d'occidente palpabile, i
pensieri viaggiano e s'impara qualcosa in più, s'attende ma ci si
dedica all'azione per non arenarsi, si fa un voto a Frate Indovino e
si pensa di aprire agriturismi in mezzo bananeti in catena
franchising. Mangio un sambussa, bevo un espresso e
tutto torna in equilibrio: normalità ed alterità, Afro-Junk-Food
e costosa broda nera alla caffeina, impero antropofagico del
nord vs. impero antropofagico del sud, Guerre Stellari vs. Hotel
Rwanda, e così via.
In serata Irene prepara la buona pasta à
l'italienne-trentina-dorigatta, mangiamo con Sexebeh e Marianne
che ricambiano con banane e verdure (votate good), ci si
rovina gli occhi davanti al pc e poi giunge il sonno protetto da una
zanzariera...ronf ronf.
L'albero delle cicogne (?) a Sonatube. Dopo aver portato bambini in Europa tutto l'anno, vengono in ferie in Rwanda perché costa meno. Se non sono cicogne, questo è un altro problema. Il birdwatching mi annoia parecchio. Foto di Maichi-bu-ntu Pasquale, '12.