giovedì 20 settembre 2012

19 settembre, Day 57. Photo-work in progress, brain storming e totale oscurità.

    Moto per andare da Kibe a far foto per l'expo di metà ottobre, in piena mattina, preciso come un orologio rwandese...attendo di fatto più di un'ora, poi ci si prepara finalmente con martello, chiodi e sega alla produzione di tavole come appoggio per i live paintings in programma. Documento il work in progress con fare pazientevole in un pomeriggio dal caldo mortale intervallato a piogge di cinque minuti. Scorrono idee fluenti sul progetto bloggeristico ed espositivo, si collabora e si scambiano punti di vista e soluzioni. In tutto questo grande brain storming prendo contatti con un'altra chiesa ADEPR per fare chiacchierate sovrannaturali in abbondanza e non farmi mancare abbastanza miracoli da riportare in Italia.
    Accompagnato da un gentile Pasteur ritorno dunque all'atelier e agli ultimi lavori della giornata. Chiacchierata informale con K. sulle differenze di croyance dei giovani rwandesi, ed un primo abbozzo di sistemazione nella semi-oscurità delle maschere à la congolaise.
Il Dorigatto mi chiama e dice d'essere svenuta due volte ai suoi esami del sangue: impressione da ago e malditesta cronico. Sempre più ipotizzato l'effetto collaterale del Lariam, mentre s'aprono le offerte per la nuova stagione “rottamazione antropologi da campo”.
    Ritorno dagli italiani per cena con pesce al limone, dodo, zuppa con sapor di Giappone, insalata amara e dolce dell'orto dietro casa, il tutto a lume di candela causa blackout. Nella piena oscurità segue una skypeizzazione contornata di nero, nero, nero ed una puntata bloggeriana sul netbookino per rovinarsi molto bene gli occhi. Finale con sboronata+apologia Macintosh del Dorigatto, vanitosa della supremazia delle sue 6 ore di autonomia in barba a noi, poveri mortali, in cerca di elettricità per leggere una scarna stupida e-mail.
   Si dorme ufficiosamente già da ore, ma gli occhi si chiudono ufficialmente solo alle 11.33.



    Il sole tramonta troppo presto, ma regala comunque grandi spettacoli (versione 2). Foto del Maichi Ntwari Pashcal.

18 settembre, Day 56. Amore e morte, vecchia ricetta da film di cassetta.

     K. ci raggiunge per una colazione veloce da noi, poi zaino in spalla e tutti a fare foto ai lavori di tinteggiatura pareti con i compagni d'atelier: un impegno su commissione che gli varrà qualche soldino e che riprendiamo-fotografiamo per fare un piccolo favore pubblicitario.
   Dopo una breve indecisione sul da farsi si torna a casa per una buona pasta alle verdure del Dorigatto, che svetta sui dei peperoni in seconda portata rimandati decisamente alla prossima sessione di esami culinari.
     Un sonnellino post-bloggerata si rivela in realtà un sonno da profonda fase rem esprimente tutta la stanchezza arretrata di questi giorni. La sveglia biologica suona alle 17.30, e ne approfitto per far foto al tramonto, prendere un caffè e godere d'una doccia pre-partenza per il Goethe Institute nella più totale solitudine casalinga.
     Il film della serata è “Emmas Glucke”: ancora amore e morte tragicamente intrecciati in un bel racconto per un pubblico da festival di Cannes, dove i pareri si dividono ma il buon gusto e la qualità rimangono. A seguire un ristorante indiano a ben 13mila rwf a testa (con doggy bag compresa) per una clientela muzunga e pronta ad ingerire pietanze molto piccanti. Ci si divide: i tre maschietti vanno ancora al Papyrus per una birretta fine serata, il gentil sesso va a posizionare la testa sul cuscino. Mi concedo una skoll grande e fredda mentre si fanno due chiacchiere sulle nuove attività che si potrebbero aprire in Rwanda e su quelle che non avrebbero mai ragione di esistere.
   Tormentone di fine giornata e grande domanda irrisolvibile persino a Voyager: la donna rwandese che piange a dirotto per avere visto un film semi-triste non sembra darsi pace. Esiste o è solo un'invenzione dei media? Tirare bidone a qualcuno per piangere nella totale solitudine della propria stanzetta è plausibile, o quanto meno credibile? La risposta, amici miei, è un soffio nel vento. O nella prossima puntata di Kazzenger, per l'appunto.
     Si va a nanna prima dell'una di notte con una lunga fase digerimento rimandata a data imprecisa. I Tristi Tropici sono lì, a fianco. Mi guardano e mi dicono: “Dormi, dormi, hai già abbastanza sonno per pensare di poterci leggere...”.




Università Nazionale del Rwanda, Butare. Foto Maichi Ntwari Pashcal.