Ci si sveglia presto
in modo da potersi dirigere alla BeKà per ritirare con carta Visa e
poi andare dritti al parcheggio dei bus in partenza per diverse
location nel Paese. Tutte le
ATM sotto i grattacieli del centro sono senza connessione o risputano
la carta al mittente: tocca utilizzare al meglio l'argent
ed attendere che tornino in
funzione.
Dopo
esser stato “quasi fregato” da un attempato motard per
un breve tratto verso il Nyabugogo Taxi Park per 500rwf (si parla
sempre di pochi centesimi di euro) che riequilibra il costo
ultra-favorevole verso la parrocchia in campagna di qualche giorno
fa, ecco che ci dirigiamo a prendere i biglietti per la nuova gita.
In un mix franglais+sguardi
concentrati contratto per avere altri sette posti prenotati con la
compagnia Belvedere fino a Remera, ove saliranno gli altri ragazzi.
Ciechi,
mutilati e storpi chiedono incessantemente l'elemosina su è giù per
il parcheggio ma seguo il consiglio degli italian friends:
non cadere nel tranello “tu-bianco-ricco-dare-me-soldi” per non
rovinare un approccio alla pari sul campo con i nativi. Di certo
vedere tante disgrazie così vicine porta un certo disagio, ma si va
oltre e si fa colazione con pane dolce e sambussa
per reggere le tre ore di bus che ci attendono. Con interpreti scelti
sul momento parlanti almeno francese o inglese comunico tradotto in
kinyarwanda le
prenotazioni posti e mostro il biglietto da 3000rwf per Nyagatare.
Alle
dieci in punto comincia la lunga traversata per i 2 giorni à
la campagne ammirando magnifici
paesaggi, ma schiacciati ed accaldati in un piccolo seggiolino con lo
zaino tra le gambe in totale scomodità. Lungo il viaggio v'è
lettura blog ad alta voce e canti da scuola media/canzoniere italiano
intervallate a piccole parti di canti rwandesi intonate da Justine
nel gruppetto bianco-straniero-stonati al fondo del bus.
Oltre
gli sconfinati bananeti incontriamo il Lake Mukasi, mentre pezzi di
strada non asfaltata in curva creano costantemente un rischio
d'incidente e noi, spaventati della guida simil rally
dell'autista gridiamo: “Go
slow, chaffeur!”.
Scendiamo dal bus per prendere un cambio. In questo secondo pezzo di
strada riempiamo il bus da guinness dei primati per utilizzo di
spazio, con gente su due livelli per ogni sedile. Quest'ultima mezz'ora d'inferno
ci porta alla nostra sistemazione per la notte, dove lasciamo gli
zaini per dirigerci alla “Festa del villaggio” in mezzo a
bananeti tra alcool, cibo, danze tradizionali e polvere rossa
nell'aria mischiate ai raggi caldi del tramonto.
Assaggio finalmente la tormentata birra di banane nonché di
sorghum, conosciuta per sudata lettura delle 450 pagine del
Chrétienne. Moltissimi bimbi si mettono in posa nella loro totale
spontaneità, mentre v'è tempo anche per una scherzosa "Photo Battle"
con un altro ragazzo del luogo: si crea un gruppo tutto attorno che
mi circonda dando vita ad un piccolo evento del villaggio, dove
prima ci facciamo foto a vicenda, poi ci scambiamo le macchine e dopo
diversi tentativi si riesce ad arrivare ad una immagine non sfocata con
grandi applausi di tutti i giovani.
Chiedo un'altra Mutzig, ma dato che il vuoto deve essere
tassativamente restituito (quando riferisco delle nostre discariche
qua mi prendono per matto) per non pagare il vetro, mi affretto a
bere per poi regalarla ad un nonnetto del luogo simpaticamente
sdentato.
Dopo il tramonto ci si dirige sulla strada del ritorno per dei
sentieri tra bananeti nella totale oscurità chiacchierando con Leo
sul grande tema ”croire ou comprendre?”. Si fa cena in un
piccolo localino con menù del tutto prevedibile ma con una nuova
proposta culinaria: una frittatina, forse con cipolle, ma almeno un
gradino oltre il famigerato chapati nudo e crudo. Si rifanno i
letti, si scrive qualcosa e poi le luci si spengono mentre sul
netbook si scolpiscono i ricordi e si rielaborano gli eventi.
Nella notte sono svegliato da una luce che mi cade addosso cercando la porta di uscita per conato di vomito: è una nostra compatriota che lotta per la salute nel dubbio che sia malaria oppure una semplice febbre, o chi lo sa.
Nella notte sono svegliato da una luce che mi cade addosso cercando la porta di uscita per conato di vomito: è una nostra compatriota che lotta per la salute nel dubbio che sia malaria oppure una semplice febbre, o chi lo sa.
Maichi-Bu-ntu si propone per una nuova foto Unicef con i piccoli simpatici talentuosi nativi Tullio de Piscopo.