mercoledì 23 gennaio 2013

Bloggeromano capoccione

Intercity Blues

     Si parte in sella al caro vecchio ToBike Sharing non dimenticando di salutare l'Holy Shroud e sgambettando in direzione Torino Porta Nuova. Un viaggio da ricordare con un altro viaggio, ovvero iterare per ricordare al grido di “un pesce di nome R-wanda”. Una capriola tra gioie, dolori, spintoni di un continente che prende e toglie senza pietà, compresi pezzi di cuore saltati in padella. Non la finisco di pensare a Santo Macca Paolino cantare con accento british e sessant'anni suonati “Sgt. Pepper's lonely hearts club baaand yeahhh” davanti una folla oceanica da qualche parte su questo pianeta. Rivivo la sottile gioia di scrivere sul mio netbookino con un sacco di input da domare davanti al naso e l'espressione imbecille di chi s'aggrappa ad uno status su facebook per sapere di che morte morirà. Carrozza sei posto ventisei. Un napoletano, un ferroviere, una famiglia che propone di serrare le porte contro i ladri da treno ed una signora che si rifiuta (“metta che devo andare in bagno!”) affidandosi alla POLFER pur non essendo provvista di biglietto. La speranza che la mia parabola sia finalmente in risalita stretto stretto alla copertina bianca donata da Trenitalia, l'occhio calante di chi non vorrebbe dormire, le luci che corrono lungo tutto il Tirreno...ed il fetor di peto del nuovo arrivato in carrozza intriso d'acqua di colonia. “Mi scusi, scendo a Roma Ostiense”. Sono le sei ed arrivo in Garbatella pronto per sprofondare in un lungo sonno pre-evento.

Romamor Uggiosa

     Lunga dormitina con un timido tentativo di recuperare un deficit di forze non indifferente. Sbircio dalla finestra vedendo una Roma uggiosa incubo anche dei turisti più accaniti e motivati. Decido infine di alzarmi e godermi la capitale. In fretta e furia esco dalla metro rivedendo fontana di Trevi, Trinità dei Monti, alcune viuzze del centro. Trovo il tempo di fare foto ai turisti e di farmi fare foto dai turisti in un grande rituale solidale antropologico che ha del commovente. Una pausa sul marmo di Trevi e poi via, linea rossa e linea blu fino allo stop Piramide. In qualche minuto arrivo al Caffè Letterario ed aspetto, in un piccolo bar a lato di un kebabbaro, che le mie gambe si riposino e che i miei pensieri trovino un ordine.
    L'evento a cui assisto è ben curato, ben pensato, e sono contento di aver partecipato in prima persona con la mia giacchetta della festa. Mi rifugio sotto le ali di Franz Fanon e la consapevolezza della nostra particolarità tutta occidentale, mi domando se Freud fosse un tipo simpatico sorseggiando un mojito di contorno ad un aperitivo molto gustoso. La sera mi cimento in un lungo giro dell'oca tra piazza Navona e dintorni seguendo indicazioni telefoniche alla Matrix, conosco una piccola truppa di giovani giornalisti e bevo ogni genere di alcolico mi si metta in mano. Dopo aver spiegato a mezzo mondo cosa diavolo facessi a Roma, ecco che il vino mi fa tracollare in un dolce sonno di preparazione alla gitarella capitolina dell'indomani.

La caravaggesca sindrome di Stendhal ed il cuore rapito a Campo dè Fiori

      Sceso alla fermata Flaminio, mi dirigo a Piazza del Popolo non senza aver prima sbirciato il culo del cavallo messo in primo piano da Caravaggio (con gran dispetto di San Pietro). Trottolo giù per via del Corso diviso tra costose boutique, chiese monumentali ed edifici istituzionali: il grande mix che sin dall'Impero romano popola la stupenda Caput Mundi. La nostra capitale offre così tanto che l'uso di una cartina diviene presto superfluo: procedo dunque diviso tra il caso, il sentimento e l'intuito di un ex-visitatore dalla memoria corta che ottiene però i suoi frutti strada facendo. Come descrivere la sorpresa di girare l'angolo e, quasi per miracolo, ritrovarsi davanti Fontana di Trevi? Come non godersi i particolari incantevoli che ogni vicolo “romano dè Roma” offre pur dovendo sopportare i camerieri intenti a tirarti dentro un ristorantino per un “menù-fisso-turitico-a-12-euro-primo-contorno-caffè-compreso?”.
     Mi divido tra le rogne da tesista, quelle da giovane Werther ed il leggero sopportabilissimo mal di testa creato da questa pioggerellina insistente che non mi da tregua. Tutto bene, tutto ok. Giretto in San Pietro con foto sotto il colonnato poi via, verso la metro, esausto e bramando una doccia più di ogni altra cosa. Arrivo a casa con passo da finto veterano del quartiere, sonnecchio e guardo mezza puntata di “Lie to Me”. Con la mia gentile padrona di casa mi dirigo per un aperitivo ed una mangiata di pesce chiccosa fino alle ore 23 e rotte, prendendo al volo un treno per Torino a mezzanotte passata.
      Una nottata con un occhio chiuso e l'altro aperto, 2 ore di sonno scarse da Genova a Torino e, ciliegina sulla torta, una faccia da serial killer che si accuccia davanti il mio scompartimento verso le 4 di notte a La Spezia (dopo un sogno premonitore che mi fa svegliare proprio in quel momento...degenerazione semi-professionale?). Arrivo a Torino Porta Nuova ciondolante come una comparsa ne “L'alba dei morti dementi” e mi dirigo a lavorare alle nove del mattino crollando nel tardo pomeriggio sotto l'effetto di stress e fatica e follia. Un altro bel viaggietto niente male. Attendo impaziente il prossimo...


    Maichi Ntwari @ premiazione con menzione di merito per il blog "All/On my Own Africa. Rolling Hills of Rwanda" al concorso nazionale promosso dall'associazione culturale "Il Cherubino", 19th Jan. 2013, Roma, Caffè Letterario.


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Un viaggio lungo un'emozione 

Cerimonia di premiazione Concorso "Un viaggio lungo un'emozione"