domenica 7 ottobre 2012

6 ottobre, Day 74. Niente Ikivuguto da Maman Ikivuguto!

     Inutile dire che oltre le otto del mattino non è possibile dormire. Con K. e Merlino ci dirigiamo per fare colazione proprio dall'altra parte della strada ove risiede l'ufficio del presidente. Mi concedo boilo (ovvero banane, carne e brodo vegetale), due chapati, ikivuguto piccolo formato con due cucchiaini di zucchero di canna farcito di pigrizia mattutina: una colazione da boscaiolo, ma ieri ho cenato con uno yogurt del re italo-rwandese e di certo non è abbastanza per reggere un'altra giornata da scribacchino.
     Parlare di temi vagamente politici crea per 5 minuti una forte nebbia attorno a noi nel piccolo ristorantino di quartiere. Cala il silenzio, l'aria s'ingrigisce e pare anche tramontare il sole. Ridiamo per quest'effetto anormale e per le orecchie drizzate cambiando semplicemente argomento: da queste parti non è molto di moda criticare le alte cariche statali. “Siamo vicini di casa, e parliamo senza malizia...”, mi rassicura K. Vicini di casa, amici indiretti, dunque? Non credo.
    Guerre virtuali, fuochi d'artificio e bombe dialogiche nello show di tarda mattinata con a seguire, altre ore a rivedere sulla mia nuova scrivania del Bourbon la produzione documentaristica di ieri. Parto per il ritorno a casa e, sceso dalla moto, prendo con K.+Ramsete+Dorigatto una birra nel quartiere facendo due chiacchiere sul più e sul meno mangiucchiando bocconcini di maiale innaffiati di skoll fredda.
    Vado a casa per un sonnellino che fa saltare il progetto d'andare nel quartiere universitario terminata l'oretta di pioggia pomeridiana. Di fatto mi sveglio quasi per la cena, torno al chiosco a cercare K. e prendo una seconda birra con un vicino di casa che si rivelerà, oltre che simpatico, anche ufficiale di polizia+tecnico informatico lavorante nel vicinissimo ufficio del presidente. 
    Parlocchiando in compagnia d'un bimbetto molto pacioccoso e geloso della sua fanta dal colore arancio pastello, viene finalmente fuori la ragione per la quale bere ikivuguto in una boutique è una bizzarria sociale in Rwanda. Si tratta di scegliere, nel succo, un posto diverso da quella boutique gestita da Maman Ikivuguto. Perché, dunque? 
Primo:"Parce que Maman c'est pas une jolie fille", mi ripetono incessantemente i vicini di casa
Secondo: il latte e l'ikivuguto sono sacri. Necessario esser dunque serviti da una bella ragazza rwandese: poco importa morire di fame, perché se ci sono molti altri posti dotati di buon latte e cameriere, "Il faudra quitter la boutique!"
    Capito il senso di tutto ciò, mi domando perché faccia interviste a pluri-miracolanti senza problemi ma col crimine di avere bevuto latte cagliato in un negozietto...anche questa è cultura, ed ognuna ha le sue follie codificate (da un punto di vista esterno).
    In serata ancora qualche chapati classico e speciale, polenta bianca di mais, sughetto di legumi e pescetti essiccati, l'ultima Skoll della giornata e poi dritti a vedere il testo di “Ten cent pistol” prima di addormentarsi con un concerto di giovani che durerà fino all'alba, a pochi metri di distanza, dal tono e dalla convinzione del tutto simile ad una preghiera di esortazione.




     Goma: l'inferno dall'altra parte della riva? Foto Maichi Ntwari Pashcal.