giovedì 20 settembre 2012

18 settembre, Day 56. Amore e morte, vecchia ricetta da film di cassetta.

     K. ci raggiunge per una colazione veloce da noi, poi zaino in spalla e tutti a fare foto ai lavori di tinteggiatura pareti con i compagni d'atelier: un impegno su commissione che gli varrà qualche soldino e che riprendiamo-fotografiamo per fare un piccolo favore pubblicitario.
   Dopo una breve indecisione sul da farsi si torna a casa per una buona pasta alle verdure del Dorigatto, che svetta sui dei peperoni in seconda portata rimandati decisamente alla prossima sessione di esami culinari.
     Un sonnellino post-bloggerata si rivela in realtà un sonno da profonda fase rem esprimente tutta la stanchezza arretrata di questi giorni. La sveglia biologica suona alle 17.30, e ne approfitto per far foto al tramonto, prendere un caffè e godere d'una doccia pre-partenza per il Goethe Institute nella più totale solitudine casalinga.
     Il film della serata è “Emmas Glucke”: ancora amore e morte tragicamente intrecciati in un bel racconto per un pubblico da festival di Cannes, dove i pareri si dividono ma il buon gusto e la qualità rimangono. A seguire un ristorante indiano a ben 13mila rwf a testa (con doggy bag compresa) per una clientela muzunga e pronta ad ingerire pietanze molto piccanti. Ci si divide: i tre maschietti vanno ancora al Papyrus per una birretta fine serata, il gentil sesso va a posizionare la testa sul cuscino. Mi concedo una skoll grande e fredda mentre si fanno due chiacchiere sulle nuove attività che si potrebbero aprire in Rwanda e su quelle che non avrebbero mai ragione di esistere.
   Tormentone di fine giornata e grande domanda irrisolvibile persino a Voyager: la donna rwandese che piange a dirotto per avere visto un film semi-triste non sembra darsi pace. Esiste o è solo un'invenzione dei media? Tirare bidone a qualcuno per piangere nella totale solitudine della propria stanzetta è plausibile, o quanto meno credibile? La risposta, amici miei, è un soffio nel vento. O nella prossima puntata di Kazzenger, per l'appunto.
     Si va a nanna prima dell'una di notte con una lunga fase digerimento rimandata a data imprecisa. I Tristi Tropici sono lì, a fianco. Mi guardano e mi dicono: “Dormi, dormi, hai già abbastanza sonno per pensare di poterci leggere...”.




Università Nazionale del Rwanda, Butare. Foto Maichi Ntwari Pashcal.

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