K. ci raggiunge per
una colazione veloce da noi, poi zaino in spalla e tutti a fare foto
ai lavori di tinteggiatura pareti con i compagni d'atelier: un impegno su commissione che gli varrà qualche soldino e che
riprendiamo-fotografiamo per fare un piccolo favore pubblicitario.
Dopo
una breve indecisione sul da farsi si torna a casa per una buona pasta
alle verdure del Dorigatto, che svetta sui dei peperoni in seconda
portata rimandati decisamente alla prossima sessione di esami
culinari.
Un sonnellino
post-bloggerata si rivela in realtà un sonno da profonda fase rem esprimente tutta la stanchezza arretrata di questi giorni. La sveglia
biologica suona alle 17.30, e ne approfitto per far foto al tramonto,
prendere un caffè e godere d'una doccia pre-partenza per il Goethe
Institute nella più totale solitudine casalinga.
Il film della serata
è “Emmas Glucke”: ancora amore e morte tragicamente intrecciati
in un bel racconto per un pubblico da festival
di Cannes, dove i pareri si dividono ma il buon gusto e la qualità
rimangono. A seguire un ristorante indiano a ben 13mila rwf a
testa (con doggy bag compresa)
per una clientela muzunga e
pronta ad ingerire pietanze molto piccanti. Ci
si divide: i tre
maschietti vanno ancora al Papyrus per una birretta fine serata, il
gentil sesso va a posizionare la testa sul cuscino. Mi concedo una
skoll grande e fredda
mentre si fanno due chiacchiere sulle nuove attività che si
potrebbero aprire in Rwanda e su quelle che non avrebbero mai ragione
di esistere.
Tormentone
di fine giornata e grande domanda irrisolvibile persino a Voyager:
la donna rwandese che piange a dirotto per avere visto un film
semi-triste non sembra darsi pace. Esiste o è solo un'invenzione dei
media? Tirare bidone a
qualcuno per piangere nella totale solitudine della propria
stanzetta è plausibile, o quanto meno credibile? La risposta, amici
miei, è un soffio nel vento. O nella prossima puntata di Kazzenger, per l'appunto.
Si va a nanna prima dell'una di notte con una lunga fase digerimento
rimandata a data imprecisa. I Tristi Tropici sono lì, a
fianco. Mi guardano e mi dicono: “Dormi, dormi, hai già abbastanza
sonno per pensare di poterci leggere...”.
Università Nazionale del Rwanda, Butare. Foto Maichi Ntwari Pashcal.
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