Inutile dire che
oltre le otto del mattino non è possibile dormire. Con K. e Merlino
ci dirigiamo per fare colazione proprio dall'altra parte della strada
ove risiede l'ufficio del presidente. Mi concedo boilo
(ovvero banane, carne e brodo
vegetale), due chapati,
ikivuguto piccolo formato con
due cucchiaini di zucchero di canna farcito di pigrizia mattutina:
una colazione da boscaiolo, ma ieri ho cenato con uno yogurt del re
italo-rwandese e di certo non è abbastanza per reggere un'altra
giornata da scribacchino.
Parlare di temi vagamente politici crea per 5 minuti una forte
nebbia attorno a noi nel piccolo ristorantino di quartiere. Cala il
silenzio, l'aria s'ingrigisce e pare anche tramontare il sole.
Ridiamo per quest'effetto anormale e per le orecchie drizzate
cambiando semplicemente argomento: da queste parti non è molto di
moda criticare le alte cariche statali. “Siamo vicini di casa, e
parliamo senza malizia...”, mi rassicura K. Vicini di casa, amici
indiretti, dunque? Non credo.
Guerre
virtuali, fuochi d'artificio e bombe dialogiche nello show
di tarda mattinata con a
seguire, altre ore a rivedere sulla mia nuova scrivania del Bourbon
la produzione documentaristica di ieri. Parto per il ritorno a casa
e, sceso dalla moto, prendo con K.+Ramsete+Dorigatto una birra
nel quartiere facendo due chiacchiere sul più e sul meno
mangiucchiando bocconcini di maiale innaffiati di skoll
fredda.
Vado
a casa per un sonnellino che fa saltare il progetto d'andare nel
quartiere universitario terminata l'oretta di pioggia pomeridiana. Di
fatto mi sveglio quasi per la cena, torno al chiosco a cercare K. e
prendo una seconda birra con un vicino di casa che si rivelerà, oltre
che simpatico, anche ufficiale di polizia+tecnico informatico
lavorante nel vicinissimo ufficio del presidente.
Parlocchiando in compagnia d'un bimbetto molto pacioccoso e geloso della sua fanta dal colore arancio pastello, viene finalmente fuori la ragione per la quale bere ikivuguto in una boutique è una bizzarria sociale in Rwanda. Si tratta di scegliere, nel succo, un posto diverso da quella boutique gestita da Maman Ikivuguto. Perché, dunque?
Primo:"Parce que Maman c'est pas une jolie fille", mi ripetono incessantemente i vicini di casa.
Secondo: il latte e l'ikivuguto sono sacri. Necessario esser dunque serviti da una bella ragazza rwandese: poco importa morire di fame, perché se ci sono molti altri posti dotati di buon latte e cameriere, "Il faudra quitter la boutique!".
Capito il senso di tutto ciò, mi domando perché faccia interviste a pluri-miracolanti senza problemi ma col crimine di avere bevuto latte cagliato in un negozietto...anche questa è cultura, ed ognuna ha le sue follie codificate (da un punto di vista esterno).
Parlocchiando in compagnia d'un bimbetto molto pacioccoso e geloso della sua fanta dal colore arancio pastello, viene finalmente fuori la ragione per la quale bere ikivuguto in una boutique è una bizzarria sociale in Rwanda. Si tratta di scegliere, nel succo, un posto diverso da quella boutique gestita da Maman Ikivuguto. Perché, dunque?
Primo:"Parce que Maman c'est pas une jolie fille", mi ripetono incessantemente i vicini di casa.
Secondo: il latte e l'ikivuguto sono sacri. Necessario esser dunque serviti da una bella ragazza rwandese: poco importa morire di fame, perché se ci sono molti altri posti dotati di buon latte e cameriere, "Il faudra quitter la boutique!".
Capito il senso di tutto ciò, mi domando perché faccia interviste a pluri-miracolanti senza problemi ma col crimine di avere bevuto latte cagliato in un negozietto...anche questa è cultura, ed ognuna ha le sue follie codificate (da un punto di vista esterno).
In
serata ancora qualche chapati classico
e speciale, polenta bianca di mais, sughetto di legumi e pescetti
essiccati, l'ultima Skoll della giornata e poi dritti a vedere il
testo di “Ten cent pistol” prima di addormentarsi con un concerto
di giovani che durerà fino all'alba, a pochi metri di distanza, dal
tono e dalla convinzione del tutto simile ad una preghiera di esortazione.
Goma: l'inferno dall'altra parte della riva? Foto Maichi Ntwari Pashcal.
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