Sveglia alle 6.30
dopo tre orette di sonno scarso per prepararsi ad andare
all'appuntamento per l'intervista con Beatrice à l'ADEPR.
Alle 7.30 a sorpresa giunge la chiamata della testimone che si dice
non possibilitata a dare il suo contributo se non prima di avere
parlato vis à vis con
il potente Pastore. Dunque tutto è rimandato al suo ritorno
dall'Indiana tra tre settimane. Infastidito dal bidone e dal rimando
a data non certa, torno a dormire giovato almeno di riposarmi ancora
un po'. Mi risveglio alle 9.50, mi faccio una doccia veloce e poi je
donne l'argent del
mese a Marianne; con quest'ultima ci mettiamo d'accordo per un
contrattino scritto che dimostri di aver versato la somma pattuita.
Uscendo
Irene porta con sé il longboard,
ed inizia la sua giornata di follia che presto vi snocciolerò nel
dettaglio. Prima di uscire Marianne, suo nipote ed io ripetiamo:
“nous ne sommes pas d'accord d'aller en skate à Kigali!”.
Ci
dirigiamo all'Ufficio Immigrazione (Mifotra,
ministry of public service and labour) dove dovremo incontrare Ilaria
ed avere notizie sul prolungamento del visto. Dopo aver fatto
coda, ecco che l'impiegata chiama Ilaria, poi me. Con nonchalance
tiro fuori i documenti
necessari, le foto, i form per
il rinnovo, la lettera del KIE -che è uno strumento potente a quanto
pare-. Manca solo una lettera di raccomandazione personale e la
cifretta da pagare, come al solito, in Rwanda. Niente male, dopo
tutto, per uno Stato a partito unico.
Tornando
verso l'uscita incontriamo ministri e personalità importanti che
vengono rinominate “gli Alfano sconosciuti del Rwanda”, ovvero
coloro che sono importanti ma-anche-no.
Ci
dirigiamo a cercare il luogo ove si proiettano film di registi
africani e non solo, ma c'imbuchiamo in un posto dove qualcuno pensa
che vogliamo comprare dvd masterizzati (!) avendo capito tutto tranne
ciò che chiedevamo. Arriviamo infine dopo mille fraintendimenti al
Goethe Institute, dove si creano contatti per Illywood, festival del
cinema g-locale. Qui assisto ad una partita di basket playground
rwandese e faccio qualche foto ad un tir
dismesso commutato in libreria, mentre un pellicano prende il volo a
due metri di distanza e la sabbia rossa mi fa bruciacchiare gli
occhi, la gola.
Irene
prova ad andare sul longboard
seguendo la linea dell'equatore e su una discesa ripidissima con
un'asfalto di pessima qualità. Cade al primo minuto, si sbuccia
gomito, ginocchio e s'inzacchera la maglietta di terra rossa mentre
un gruppo di 10 africani assiste e scoppia a ridere. Non contenta va
sulla statale, anche in contromano, mentre i militari di stallo agli
uffici governativi la guardano e le auto strombettano. (Ma non
finisce qui...).
Con
Ilaria incontriamo per pranzo amici e dottorandi italiani, piccola
comunità mangiante un piattone “bomba” misto di legumi,
spaghetti, banane e chissà cos'altro da innaffiare con una salsa di
foglie di manioca ed un pezzetto di carne di dissidente politico. S'infittisce
il dizionarietto kinyarwanda:
-acqua,
“Amazi”;
-pane,
“Umugati”;
-caffè,
“Ikawa”.
Con queste tre parole dovrei riuscire a sopravvivere o almeno a
restare sveglio/iperteso.
Finito il pranzetto prendiamo una mototaxi -che Dio ce ne scampi, ma
sono troppo comode!- e dopo il solito patema tra il traffico
cittadino arriviamo alla sede di Illywood. Qui, dopo aver preso
contatti e fatto un breve giretto nella sede, inizia la sventata
tragedia.
Mentre
mi dirigo a cercare due moto per tornare a casetta, vedo Irene
ritirare fuori lo skate. Faccio finta di nulla per cercare di
dissuaderla all'ennesima piena volontà di fare cazzate,
poi mi giro e la perdo. La cerco per venticinque minuti nei quartieri
ricchi, mentre ho il suo cellulare e so che non ha più soldi -avendo
dovuto pagare una coca ed un acqua a lei e al direttore tecnico di
Illywood perché senza contanti-. Dunque prendo una moto e
torno da Marianne sperando di trovarla lì. Non c'è. Con madame
contattiamo Gonzagh, poi avverto
Ilaria, e nel mentre prendo soldi, telefoni e netbook per andare al
KIE a vedere se sia passata di là. Ilaria propone di chiamare la
polizia, Gonzagh di andare all'ambasciata, Marianne mi suggerisce di
andare al KIE. Non la trovo, avverto Jolly dei documenti necessari
per il visto e l'evento “Does Dorigotti gest lost?” diventa caso
nazionale, poi Marianne mi chiama e avverte del suo ritorno à
sa place. Riprendo la moto,
contratto 500 frw e rischio uno scontro con un camion intento a
girare: qui è il minimo che ti possa capitare avec les
motards.
Apro
il cancelletto, busso e trovo un Dorigatto testa china scusantesi,
mentre con Marianne rassegnati pensiamo: “Qu'est-ce qu'on va-t-elle
dire?!?”. Cala il silenzio, la cazziata e la speranza di un barlume
futuro di raziocinio, j'éspere.
Alle
19.30 inizia il canto del muezzin che
registro dal giardino della casetta rimanendo affascinato dal mix
cicale, luna crescente, calduccio notturno equatoriale, brace per la
cottura delle bananes et legumes che
Marianne e Sexehbé (si pronuncia così, ma chissà come si scrive)
stanno preparando per noi come primo piatto.
La
“riunione familiare” mette al vaglio la questione Dori-board, con
una cazziata in triplice lingua; Marianne fa una preghiera prima di
cominciare a mangiare la résumé seguita
da riso e verdure al vapore da innaffiare per bene con la sauce
di verdure.
In serata si finisce con il
bloggheraccio selvaggio, infastidito da mosquitos
-forse malariche- noiose e appuntite, furbe nell'intrufolarsi nei
buchetti della zanzariera a baldacchino e fischiarti all'orecchio per
innervosirti nel dormiveglia. Ieri pomeriggio all'ora del thé ho
preso il mio pastiglione di Lariam e, dunque, tecnicamente ho già la
malaria: non mi resta che sterminare questi fottuti insetti che dopo
il tramonto deridono la tua pazienza mettendola a dura prova. Come
molti altri esseri umani, dopo tutto.
Il Dorigatto dopo aver fatto la marachella all'equatore. Voci dicono si proponga una bizzarra trovata anche per ogni longitudine e latitudine (Fonte: telefonate di sociologi all'ora di cena).
AHAHAH, che fine ha fatto Irene SanDiego?
RispondiEliminaCiao Fè.
RispondiEliminaTornerà presto all'attacco sul suo longboard dai poteri magici.