mercoledì 1 agosto 2012

31 luglio, Day 7. Arrivò l'Ikivuguto, e fu quasi amore a prima s-vista.


     Mi alzo sentendo Marianne cinguettare qualcosa su un funzionario governativo che ci aspetta in salotto per prendere i nostri dati e “per la nostra sicurezza”. Di fatto, dopo una pisciatina porgo il passaporto ad una gentile signora che ci saluta in francese e kinya segnando due dati su un foglietto, per poi invitarla a fare colazione con noi. Poco dopo trascino anche Marianne nel vortice pane e marmellata e facciamo quattro chiacchiere amichevoli con una bella tazza di thè forte, fumante e della migliore qualità rwandese. Il gentile agente governativo è felice di vedere studenti italiani motivati e pluri-lingue: per questo ci dedica la sua preghiera prima di cominciare ad azzannare la sua fetta di yellow bread con fare umile e gentile. Finita la colazione e prese le carte per andare al KIE, Marianne ci da un passaggio fino alla Kigali Bank ben contenta di farci prelevare i soldi dell'affitto.
     Riproviamo come ieri dalla macchinetta ATM ma tutto tace, dunque ci dirigiamo all'interno ed un responsabile intercede con noi presso la direttrice. Riproviamo in sua presenza ed arriviamo alla conclusione che sia un problema di carta di credito. Cambiamo dunque contanti europei per non morire di fame questi giorni e rimandiamo un tentativo al Kabè, la banca centrale de la ville.
     Prendiamo delle mototaxi per andare al Kie, spendiamo i soliti 500frw, lasciamo i nostri documenti e i guest badges. Un giretto su e giù a cercare una wi-fi libera che non troviamo aspettando che Ilaria arrivi e ci introduca al settore Gender Studies, attraverso cui dovremmo passare/essere stagisti. Tutto il personale e colleghi sono molto gentili, compresa la capessa della situazione, Jolly, a cui Irene dona il cognome d'arte “Rwenzori”. Si fanno chiacchiere sul piano di lavoro, i propositi delle ricerche, i contatti presi e quelli che si possono creare. Tutto è molto “Ok, guys! Have a good work!”: di certo trovare una volontà di cooperazione e giovani così volenterosi rende il tutto più facile, appagante.
    Usciti dal Kie accompagniamo Ilaria a comprare delle stoffe al Kimironko Market, dove troviamo delle lenzuola doppia piazza a buon prezzo post-contrattazione per far sì di restituire le lenzuola imprestateci. Come ogni buon bazar esplodono i colori, gli odori, gli scorci e mi prometto di tornare con macchina foto appresso per un set dedicato di una intera mattinata, almeno. Esplosioni di frutta, teli di iuta messi a terra pieni di mais e legumi, manioca appesa alle bancarelle, facce incuriosite del turista pronto da spennare o del bianco con far girovago, spazi ristretti e poca luce, il fascino della contrattazione senza punti di riferimento reali e la confusione animata di una città africana. 
    Dopo una breve spesa e delle riprese Go-Prorigotti, ci mangiamo qualcosa in un ristorantino tipico fatto da tre tavoli, un bancone grezzo e sedie sparse con un buon numero di locali. Il menu, per soli 1800 rwf in tre, prevede tutto ciò:

-“Ikivuguto”, bicchierone di yoghurt fatto lasciando semplicemente del latte a fermentare con un'aggiunta di caglio. Ha la puzza di cartone della Centrale del Latte UHT andato largamente a male, ed è una prova per gli stomaci ed i palati più forti. Ne bevo metà, ma credo di raggiungere comunque 1/4 di litro. Se il saporaccio iniziale ti fa domandare il perché di tutto ciò, al secondo-terzo assaggio stranamente inizi a non trovarlo malaccio. Comunque sia, non potrà jamais davvero piacermi ma forse è impossibile esprimere un giudizio su una tale strampaleria;

-“Ibishimbo”, legumi scuri con qualche erba amara, buoni;

-”Chapati”, dischi di pastella di mais, supporto per i fagioli o altri condimenti, molto buoni;

-”Sambussa”, triangolini ripieni di carne e/o verdure, ovviamente fritti ovviamente per la gioia dei fegati di tutta l'Africa orientale. Buoni;

-“Imyumbati”, manioca, stoppacciosa e insapore; ti sembra di mangiare un ramo verde e di chiederti poi la ragione di quella follia. Da subito una immediata sensazione di pieno nello stomaco e credo una posticipata sensazione di s-vuoto più avanti di qualche ora al bagno.

    Scorrono i bus verso il centro in totale competizione per accaparrarsi clienti, senza badare al traffico, ai pedoni, alle mototaxi o qualsiasi cosa si muova. Continuano così, a superarsi per avere la testa della fila e dunque i primi clienti in attesa alle fermate, con un ragazzo appeso alla porta dell'uscita incitante i suoi potenziali neo-clienti. La sfida è aperta.
    Risolviamo i problemi con Mtn/Atm, facciamo una piccola spesa e di nuovo i pazzi scugnizzi rwandesi in mototaxi al tramonto si divincolano tra le due corsie piene di tir, macchine, altre moto con la fretta di finire la corsa e con Maichi-Bu-ntu sul sellino posteriore. Se c'è un ingorgo, pas du problem, si passa su un marciapiede, tra due benzinai, si saltano buche, ci si butta tra i due centimetri disponibili tra un autoarticolato e un fuoristrada, dopo tutto dobbiamo guadagnare 5 minuti per fare un'altra corsa!
Preparo per Marianne, Sexebah (un nome in un'altra lingua bantu con cui Madame chiama il suo nipote/domestico) e il Dorigatto un piatto di pennette tonno e pomodoro ben riuscite, in quantità. Il giudizio dei nativi è: "c'ètatit bon et c'ètait bien preparè!”. Piccola soddisfazione per il cuoco Maichi-bu-ntu. Domani Marianne ci preparerà delle banane à la rwandese per ricambiare il gesto.
     Dopo cena la nostra ziona ci parla del Rwanda, della guerra civile, di stragi e testimonianze, accenna qualcosa della sua storia mentre ci taglia dell'ananas e lo mangiucchio dispiaciuto del dispiacere che traspare dai suoi occhi. Parliamo di temi da antropofagi, che la interessano molto e l'affascinano ancor di più. Da un'occhiata alla mia copia italiana di “Triste Tropiques” ed è colpita dalle differenze stranianti espresse dalle foto in Amazzonia di Lévi-Strauss in mezzo la rilegatura. Si continua a parlare e chiacchierare con un thè pre-notte, poi Bonaventure au téléphone fa due parole con Irene ed io voto sempre all'unione tra i due, con quota dote in mucche arrivata a 20 capi.
     Si scrive il diario di bordo, si sonnecchia, si riscrive e poi si crolla. Et voilà, la journée s'est terminé!


“Ikivuguto” e diario di campo Moleskino impregnato d'inchiostro. Nessun maldipancia registrato a causa loro -finora- nello stomaco del Maichi-Bu-ntu.

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