Il gallo deve essere
finito in pentola. Oggi ho dormito meglio del solito.
Telefono ad un nuovo contatto a 4 passi,
massimo 5 dal KIE, trovato ieri sera in tarda serata. Qui, in questa église dall'aspetto elegante, studenti universitari esprimono il loro whole
diviso in soul, body
and spirit cantando
genuinamente con decine di coetanei il loro sentimento
spiritual-religioso che pare non esistere quasi del tutto/non più
nel nostro piccolo mondo.
Il giovane pasteur mi
bombarda con domande del tipo “D U BLV in JSUS?”: gli rispondo
che ciò non è importante per la mia ricerca, che il punto di vista
è antropologico non dottrinale, ma pare non capire e ripete la
domanda ancora un paio di volte. Nonostante ciò, mi risulta simpatico e scrivo l'ennesima lettre du permission da
inviare al capoccia della zona per ottenere il lasciapassare alle riprese. La scrivo seguendo il modello della precedente per il
responsabile legale, mangio una papaya offertami da Marianne e
contratto la moto per il KIE a 400rwf (record ieri sera per 300rwf).
Sorrido con/per il coscritto E. il
quale, cominciando a chiacchierare e rispondere a domande sulle
guarigioni miracolose, finisce per essere intervistato per circa
un'ora e mezza. Arrivato a domande difficili quali potere, soldi e
interessi personali m'informa che è impegnato, deve lasciarmi ma
certo, certo continueremo con le domande la prochaine fois. Lo spero molto, ma non insisto
inutilmente.
Torno al KIE, distante circa 50 metri, e rimetto a posto
gli appunti, le domande, butto giù qualche considerazione sul
giovane REV. che cita
la sua relazione di coppia per farmi un parallelismo con i disaccordi
interni alle chiese. Interessante, di certo molto umano e genuino,
ben poco sovrannaturale.
Dopo
aver skype-izzato un'oretta,
torno a Sonatubes per
intercettare Paolo e dirigerci al service di
Nyamirambo. Qui, scesi dalla moto, prendiamo una coca ed una birra
nello stesso posto dove colazionai un paio di volte prima di
travailler,
incontrando un gruppo di 7 rwandesi mezzi brilli e con la voglia di
offrirci da bere. Decliniamo per le birre, ma non possiamo sottrarci dall'apparire
in foto nei loro cellulari e dal parlottare del più e del meno per
10 minuti lunghissimi, cercando di non dare numeri di telefono per
non essere molestati rispondendo :”Mamma mi ha detto di non dare
numeri. Per questo non posso farlo”.
Scappiamo, e scendendo la
discesa tra le baracche ecco che il Pasteur Michel mi ferma tutto
contento di vedermi in zona. Mette subito le mani avanti e mi dice
che posso intervistare un giovane suo figlio
(non carnale, seppur ne abbia 8) e "più avanti, magari, in futuro, chissà", anche
lui.
Accetto per non rifiutare approfittandone per fare
una foto tutti insieme tra le baracche e la église
di lamiere. L'intervista col giovane D. dura 2 orette e mezza circa,
toccando doversi temi in una carrellata tra potere, interessi,
risposte dottrinali ed il solito grande problema della relatività
critica che pare non essere nemmeno concepito da molti fedeli, o semplicemente trovante risposta in qualche versetto anche poco convincente.
Ritorniamo
verso il centro, prendiamo una fanta per aspettare gli altri
italians, conosciamo
un gruppo di scout spagnoli tra cui anche qualche antropologo e poi
tutti verso il “Sole-Luna”, pizzeria italiana di buon
livello frequentata da gente upper-class con
prezzi affatto popular per
questo Paese.
(Eimaniam... 333333333333333333333333333333333333333333333333333333333333
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n.d.r.:mi addormento sul tasto £/3, la mattina me ne
accorgo e trovo due pagine con questo numero ed una misteriosa parola all'inizio. Sarà the holy Ghost?)
Delirio
d'origine nord-est italica bazzicante tra antenati e thai-cuisine
non riuscita con risposte acide
come lo yoghurt locale, lo schersoh romagnooolo di
un falso caffè rovesciato su un cliente -io- con piccolo relativo infarto (il caffè Pio), la vista delle luci di Kigali come un cielo di
stelle rovesciate sul terreno nell'oscurità della notte, i black-out
per la città con zone d'ombra
che vanno e che vengono ciclicamente all'orizzonte, la luce che salta due volte anche nel locale, le risa scoppianti e la soddisfazione di avere mangiato pizza in centro-Africa.
Esser stanchi per aver sviscerato due
Pasteur porta alla voglia di
andarsene a letto, allungare il passo, non sopportare i miagolii capricciosi dei
gatti neo-rwandesi, avere l'indifferenza liberatoria dei self-responsible,
addormentarsi su un tasto come già detto, risvegliarsi e continuare a scrivere,
tutto di fila, tutto alquanto strano ma certamente vero. C'est la vie, c'est l'Afrique.
Se volete fare i muratori/carpentieri in Rwanda, questo è ciò che vi aspetta. Se non ci avete mai pensato prima, non siete anormali o comunque non siete fan della 626 del signor Beghelli.
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