lunedì 6 agosto 2012

3 agosto, Day 10. [...] ma io ricordavo Marvin Gaye in altri contesti.

    La sveglia è un pò pigra, la luce del mattino dalle finestre invita a dormire senza preoccuparsi di niente e nessuno, il diario di bordo mi rilassa con serena composizione di frasi esilaranti...perché uscire a ricercare fenomeni strampalati, dunque?
    Il dovere chiama, e dopo una breve colazione ecco che prendo il kit del buon etnografo (reflex, camera, rec audio portatile) e del buon sopravvivente (soldi, cellulare, caricabatterie, ricarica del cellulare rwandese). In solitaria contratto con due motards un prezzo stracciato che uno rifiuta ed un'altro accetta, ma in cambio prende delle scorciatoie per strade battute, camion, operai nell'intento di costruire case, pedoni sbadati, caprette e bambini, buche giganti e passaggi su tavole di legno superanti scoli dell'acqua...tutto ciò per tagliare e risparmiare tempo, ovvero per poter fare altre corse. Una Parigi-Dakar senza Parigi, Dakar o deserto sabbioso, ma con lo stesso male al culo per i salti sul sellino.
    Arrivato finalmente all'ADEPR, seppur in ritardo di una mezz'ora, scopro che non c'è nessuna figura istituzionale conosciuta ma solo fedeli nell'intento di provare cori a tre voci. Per fortuna due ragazzi si offrono come interpreti in francese, divenendo presto i miei informatori per le 6 ore di rituale.
    Tutto inizia in sordina, tra basi midi di pessimo gusto e canti dallo stile già digerito ampiamente. Spazi di silenzio si intervallano ad enfasi emozionali, con la guida di una figura principale e due minori, che intervallano con i loro carismi tenendo banco dans l'èglise.
    Questo "evento" intervalla offerte, letture, canti, estasi con tremiti causati dall'Holy Ghost tradotti culturalmente dagli informatori Amata e Umudugu -rispettivamente un lui di 30 ed una lei di 22-. Definire tutto ciò un rituale è in effetti del tutto riduttivo: concerto, conferenza, spazio di riflessione, spazio di condivisione, luogo di ascesi e trance mistica, catarsi collettiva ed individuale, luogo di redenzione e risoluzione di problemi quotidiani sono forse solo alcuni dei termini utilizzabili...
     Un James Brown colpito da tremiti e convulsioni, saltante con un microfono dal lungo filo in mano, urla guidato dallo Spirito un messaggio incalzante con pose da comico, performer, intrattenitore, gestore di anime ed emozioni cantando come un usignolo soul tra Marvin Gaye e una non riconosciuta voce blues. Di certo la capacità di trascinare è alta. Le musiche creano con ben poco delle cattedrali di suono e tutti sono partecipanti al massimo con grida catartiche che esplodono di punto in bianco, incalzanti una fase di cambiamento non -razionale.
    Se di primo acchito è tutta una follia, dopo qualche ora si riconosce un senso; dopo ancora altre due ore, seppur esausti, si accede alla sua logica -almeno a grandi linee-. La testimonianza di una donna prostituta redenta con tanto di "foto prima+in carne ed ossa dopo" sono motivo ironico di una mia battuta con l'informatrice, tutta preoccupata di dire le cose giuste. Le domando, guardando la differenza, se lo Spirito Santo faccia dimagrire. Non può che sghignazzare tra sè e sè mentre mi informa del famoso "dono delle lingue" che, essendo intervallato al kinyarwanda, non è da me affatto riconosciuto se non negli "spari emozionali" che ciclicamente tornano con qualche coccolone da spavento. 
    Si intervallano i carismatici guidatori di masse con stili corporei e linguistici molto differenti, a cui Benigni ruberebbe volentieri qualcosa nelle movenze. Queste performazioni durano anche 45/50 minuti, in cui -secondo info di seconda mano- si sviscerano problemi, avvenimenti, mischiati a letture e urla da ossessi, che magicamente tornano in una quiete serafica e al massimo raccoglimento. Un festival, un varietà di anime coinvolte all'ombra di una Verità Assoluta che sanno spiegare piuttosto maluccio rifugiandosi sempre in qualche versetto. La relatività ovviamente non è di casa, ma nonostante le loro richieste di leggere e seguire ogni 5 minuti La Parole sono rispettosamente interessati a punti di vista e riflessione differenti. V'è certo una genuina ingenuità in tutto ciò, ma di certo la loro collaborazione e umiltà li rende persone gentili e disponibili pur nella loro eccentrica espressione di sentimento religioso.
    Alla fine del lungo service il Master of Puppets mi invita nel suo ufficio dove mi offre una cake ed una coca, chiedendomi il più ed il meno della ricerca giornaliera, ringraziando la giovane interpretatrice del suo apporto e fissando una intervista per venerdì. La moglie dei suoi 8 figli si congratula dicendomi che sono “un vrai rechercheur” perché ho resistito tutte le ore del rituale con piena attenzione.
    Stremato dall'avere assistito a deliri in-consapevoli tutto il giorno, sono accompagnato dal mixerista autore di uno sfogo carismatico che mi domanda soldi perché “in Europa siamo tutti ricchi” per il suo imminente matrimonio. Gli rispondo che i poveri ci sono anche tra di noi, e di certo non sta parlando con un ricco; lo informo infine sul fatto che diversi italiani pensino l'Africa come uno scatolone di miseria e nulla più, e ride dicendo che qua in Africa ci sono anche molti benestanti. Insomma: stereotipi su/da entrambi i fronti, tanto per cambiare.
     Prendo una mototaxi e torno a casetta bramoso di una doccia, di 5 minuti di normalità non-estatica. Dopo aver goduto dell'acqua fredda con lago interno annesso -poiché non c'è uno scarico a terra- con i campioncini di sapone da viaggiatore, ci si mette in viaggio dopo una navigata internettiana con un motard sottocasa. 
    Il traffico è bestiale; vivo i passaggi tra camion, macchine e pedoni, ovvero il solito inferno della guida in mototaxi tra smog e rischio. Dopo aver passato un marciapiede e risaltati in strada su due ruote, ecco che un casco rotto a metà ed una pozza di sangue mi gelano il sangue. Attorno la scena di un incidente con moto bollata parcheggiata a lato di un autoarticolato, la polizia circonda il corpo di una donna distesa ed immobile sul marciapiede. Il traffico continua a sfilare via e la scena raccapricciante mi fa decidere che prenderò mooolto più spesso i bus, anche se il più delle volte non c'è altra soluzione di movimento se non i bikers. 
     Dopo una venti minuti di viaggio e passaggi per strade buie, pedoni invisibili e luci indefinite lontane in movimento, si arriva al Bar Piano in Niamyrambo dove incontriamo tutti gli amici italiani d'istanza in Rwanda e non solo. Una tavolata intera ordinante bocconcini di maiale arrosto e banane fritte con una Primus o una Mutzig di contorno. Per la giornata di lungo lavoro digiunante e tra matti mi concedo un bis con uno spiedino dal sapore di fegato (rabuchette) e patate fritte per non farmi mancare qualche cibo leggero. Salta la luce, la luna quasi del tutto piena si staglia nel cielo e lumi di candela incoraggiano gli occhietti stanchi a chiudere serranda. Lunghi saluti, un ritorno in moto al freddo dell'equatore che mi vale un raffreddore e brividi lungo la schiena, un sonno bramoso di quiete ed anche oggi è un altro giorno passato nella "Svizzera Africana".



I famosi motards, scugnizzi napoletanrwandesi che s'infilano in ogni centimetro disponibile di una strada asfaltata e non, regalandovi emozioni e facendovi imprecare.

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