Partenza da Nyabugogo
alle 7.30 per il sud del Paese. Gitarella con K. & family
attraverso la foresta, piantagioni di thè grandi vallate e colline,
villaggi di fango e campi profughi Onu, parchi nazionali con gorilla
stilizzati all'entrata e scimmiette a spasso per la strada. C'è
tempo per una breve pisciatina e foto ai grandi alberi che segnano
l'inizio del parco con un freddo umido pungente che ravviva le
funzioni biologiche all'istante.
La strada è prima
asfaltata, poi molto accidentata ed infine di nuovo perfettamente
asfaltata per un tratto limitatissimo. Prendiamo i posti in fondo al
bus schiacciati tra valigione, bambini dalle manine unte d'olio
fritto e Sambussa, tanto
curiosi di toccare l'uomo bianco; donne che allattano figli con un
altro marmocchio dormiente in un lenzuolo legato tra vita e spalle,
buche enormi piene di polvere rossa ch'entra per i finestrini, aria
viziata e tanta voglia di terminare questo viaggio infinito.
Il totale è di sei
ore tra massacro fisico e voglia di suicidarsi prima di essere
arrivati a Changungu, dove prendiamo un taxi, preleviamo al Bck e ci
dirigiamo verso la frontiera congolese segnata da due ponti ed una
diga. Io rimango strettamente incollato al suolo rwandese da cui non
posso uscire tassativamente, ed ammiro la grande barrage
facendo un mini-tour in direzione ed attorno il lago Kivu. Una
birretta sulla riva con K, due parole e le zanzare iniziano a
ronzare. Prendiamo due moto al volo e dritti in centro città, dove
troviamo una Guest House a 4000rwf per una notte, comprensivo di due
camerette con lettone, doccia e Nuovo Testamento sul comodino per gli
interessati. La stanchezza è tiranna, ma troviamo ancora la forza di
mangiare una frittatona a testa per cambiare il solito fuckin'
menù à la rwandeise privo di
qualsivoglia fantasia. Ho disperato bisogno d'acqua, sento d'esser
disidratato ed impregnato di Primus: chiedo a grande voce una “Amazi”
mentre sento l'odore dolciastro di un intruglio zuccherino rosso
rubino che K. consuma al mio fianco provocandomi una forte nausea da
glicemia alle stelle.
Ci
sono sguardi e parole stigmatizzanti per il bianco solitario
bazzicante l'Africa e tante grandi speranze di trovare il cuscino per
porre fine ad una giornata stancante di 24 ore x mille. Leggo qualche
pagina de “Il mio cane stupido”, penso all'ironia di Lévi-Strauss
all'inizio di “Tristi Tropici” e crollo come un bimbetto che ha
giocato troppo al parco. Sono le 21.30, e sto già dormendo.
Children @ Byumba, Rwanda. Foto del Maichi-bu-ntu Ntwari Pashcal.
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