Sveglia tiranna, ma
ci si deve alzare e finire l'ultima intervista o quasi dell'avventura
africana in chiusura. I file si ammassano, le ore passano e le ultime
considerazioni sembrano non finire mai. Arrivo a Gitega affamato
cercando di tamponare con un chapati ed un mezzo boccale di ikivuguto
il buco nero nello stomaco.
Attendo la fine del
rituale prendendo appunti con B. sulle ennesime precisazioni che
saltano fuori parlando da testimone partecipe, poi spunta il mio
intervistato ed alla terza ripresa, sotto la pioggia che batte sul
tetto di lamiera, finisco finalmente l'intervista. Vado a casa di B.
per un invito pre-partenza conoscendo la sua famiglia in lodevoli
scene alla Sandra Mondaini-Raimondo Vianello traslati nell'altra
fetta di mondo.
Scappo in centro per
terminare di scrivere appunti e parlare in skype senza troppi
problemi di linea; infine passo ore con una stanchezza addosso più
pesante delle nubi di giovani folli ronzanti in qualsiasi locale che
sia aperto dopo le 10 di sera. Sogno di sognare in un lungo letargo
torinese e d'abbattere la sorcellerie dei musi invidiosi ed
opportunisti, poi pago il conto e vado in centro con la prima moto.
Arrivato a casa
prendo le foto della tre giorni lacustre a Gisenyi dai vicini di casa
deutsch, faccio un po' di pausa mangiando riso in bianco con
salsa di manioca prima di comprare chapati freschi di
fornellino+ikivuguto e
tornare a casa. Si va a dormire alle 22: c'è sonno da recuperare,
parecchia stanchezza da estinguere e lo spirito della buona volontà
da invocare in tutta fretta.
Guerriero congolese fumante come un turco in terra rwandese. Foto Maichi Ntwari Pashcal.
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