giovedì 4 ottobre 2012

1 ottobre, Day 69. Secondo bizzarro trasloco kigalino.

    Difficile alzarsi quando si è stanchi già appena svegli. Cerco qualcuno a cui mollare uno zaino pieno di cose da lavare ma trovo solo offerte di nettoyage à sec. Svuoto in due posti diversi le mutande sporche mischiate a pantaloni e camicie e magliette ma ricevo preventivi per sceicchi arabi. Assumerò dunque qualcuno per svolgere il compito ingrato di trasformarsi in lavatrice in questi giorni ad un prezzo decisamente più cheap.
    Giornata di fatiche d'ufficio al Kie dopo tre giorni di gitarella sul Kivu smanettando su blog, foto, archivio tesi del dipartimento, mail e informazioni, pianificazione lavoro dei prossimi giorni con chiamate su e giù per Kigali, musica nelle orecchie e dritti così fino a sera.
   Mi concedo una pausa solo per prendere un prodotto del re dello yogurt italo-rwandese con lo sguardo sorridente delle cassiere con cui ebbi uno screzio riguardo un presunto resto non esatto. Tornato a casa, inizio il trasferimento con l'aiuto di Sexy Bear a salire su una moto tenendo con una mano il trolley a cui ho attaccato un sacchetto con gli scarponi (mai utilizzati in Africa), alle spalle uno zainetto non rigido fissato su due corde e infine il netbookino con la sua custodia. Non c'è confort o gran turismo alcuno, ma con due giri di moto risparmio 2000 franchi di taxi per un viaggio basato sulla forza e pazienza di braccio, folle scena per un contesto europeo e fors'anche qui in Rwanda.
    Tornosolo  in tarda serata nel nuovo alloggetto da K. dove mangiamo pasta all'africana e legumi con carote facendo quattro parole sugli avvenimenti recenti, poi nanna nel materassone buttato a terra con zanzariera coprente. Ho ancora la voglia di scrivere una nuova puntata, poi crollo esausto sotto l'effetto del secondo trasloco africano.




    Brothers, Musha, Lake Muhazi, Rwanda. Foto Maichi Ntwari Pashcal.

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