Sveglia in salotto
con gente che passa ed il faccione di A. che spunta dalla porta
dicendomi “Buongiorno”. Piccola colazioncina con pane fatto in
casa, Nutella importata dal Belgio (chissà perché) stranamente
molto più liquida della sua cugina italiana, caffè da Moka gigante,
biscotti generici senza troppe pretese. Da lì a poco ci si rilassa,
si aspetta che la domenica fili via liscia, come le si addice, mentre
B. prepara una pasta coi funghi strabiliante di cui mi concedo anche
il tris. Lavo i piatti
usando da buon consiglio della nonna anche la polvere di caffè per
sgrassare, poi suono qualche pezzo del repertorio a ricordo dei
colleghi Marine Band e della bella puntata in radio pre-partenza.
Esco alle 16.34 per
incontrare D. e parlare con un suo conoscente dei poteri del
sovrannaturale, dell'iper-spazio pentecostale, di guarigioni
miracolose con aneddoti strabilianti: ovvero chiacchiere
filosofico-etnologiche per più di due ore di fila. Torno a Gatenga
col pensiero di una partita a bowling che
si rivela in realtà una serata pacco ed inconcludente, senza nemmeno
un film ma solo una moto a 400rwf per tornare a casa.
Non
avendo fatto cena mi riduco alle 11.12 p.m. a mangiare pane dolce
quasi del tutto secco con un pinzimonio d'olio+sale ed un tocco di
formaggio da cui, togliendo buccia e muffa, ottengo un misero
pezzetto giallo pastoso (quasi come Topolino che taglia il fagiolo
magico in fette ultra-trasparenti per tutta la famiglia).
Mi addormento con Lévi-Strauss al mio fianco: pesante e pieno di
pagine, rassicurante ma a tratti noioso, rattristito per il cemento
colante su e giù per la linea dei tropici e col tatto di un buono
zio che “ci è passato un sacco di volte” e sa, sa bene com'è la
faccenda.
Piccolo ricordo da Nyagatare. Foto del Maichi-bu-ntu Ntwari Pashcal.
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