Merlino mi
sveglia chiedendomi di fare con colazione con K. prima di recarsi al
lavoro. Mi alzo in fretta e furia, trovando il tempo per fare uno
shampoo con tanica
d'acqua fresca davanti casa in un paio di minuti. Colazione nel
ristorantino di quartiere, un leitmotif della
colazione mattutina a due passi dalla presidenza. Il servizio è
lento, ma di certo ci ho fatto l'abitudine seppur non mi piacia affatto. A
seguire vado all'ufficio immigrazione per avere notizie del mio
passaporto: documento che sembrava dimenticato -seppur essenziale-
dopo tutto questo tempo passato a pensare ad un frate indovino che
m'indicasse la via per un research permit. “Domani pomeriggio”, è la risposta alla consegna delle preziose
fotocopie dell'ottenuto lascia-passare. Vedremo se sarà vero.
Una
moto e via a Kimironko: oggi è il mio giorno di lavoro al Kie.
Fotocopie e scannerizzazioni di tutti i consent form,
copie digitali del sudore di campo, chiacchiere con nuovi arrivati
dalle testimonianze interessanti e la pena di non avere una
connessione -si può saltare pranzo, ma internet no!-. Dopo aver
ammirato la solita ora di pioggia pomeridiana e la rapida discesa
della temperatura scrivendo il personal report
sulla mia permanenza affriggana, esco e vado in centro città per il
mio caffè solitario di rito prendendo spazio per pensare. Fresca
l'aria della sera, pochi giorni ancora, cosa c'è da fare, Torino
sarà gelida, e così via.
Cenetta in compagnia di un ospite neo-medico dagli abbinamenti di
colore strampalati, mentre la sigla del telegiornale appare ben 6
volte di fila intervallata a pubblicità sull'attività dei vari
ministeri. Il canale unico della RTV fa invidiare persino i quiz
italiani delle sette di sera, non brilla certo di creatività e si
capisce la ragione per la quale alle 22.30 tutto il quartiere sia già
sotto le lenzuola.
Le sterminate piantagioni di thè nel sud del paese. Foto Maichi Ntwari Pashcal.
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