Lunga fila per il traghetto che salpa verso l'isola di Gorée, ennesimo
paradiso turistico visitato nel corso dei secoli (in ordine sparso) da
Vasco de Gama, Hollande, Obama, Clinton e Giovanni Paolo II. Il museo di
storia, situato all'interno del bastione circolare visibile dal
traghetto, parte dalla paleografia per arrivare al colonialismo in 10
minuti, passando per le mostruose pratiche
di prigionia delle navi schiaviste ad una rivendita di oggetti
tradizionali che sembrano avere il fascino di una vecchia dinastia
estinta nei secoli. La casa degli schiavi è affollata da centinaia di
ragazzini facenti parte di differenti scolaresche che intasano il
passaggio delle due famose scale speculari, fregandosene della guida e
ancor meno dei cartelloni esplicativi ove sono descritte le condizioni
d'inferno ed i diversi regimi di tortura inglesi, francesi, portoghesi e
spagnoli. Che questo luogo di memoria del terribile "viaggio senza più
ritorno" sia divenuto una banalizzata oasi turistica/didattica?
Per puro caso, proprio oggi troviamo in corso una cerimonia religiosa islamica che si svolge una sola volta l'anno. La conducono diversi capi religiosi, cantando e pregando versi sacri dentro un microfono amplificato in circa 10 casse da concerto rock alte due metri. Impossibile scampare a quel suono che si propaga per ore durante tutta la giornata, nè alle urla dei bambini che ti chiedono un «cadeau» per poi tornare a giocare a pallone su una distesa di sabbia con due enormi porte dalle reti strappate.
Un thiof grigliato ed un piatto thiboudienne: un pranzo leggero ed economico, in riva al mare, a seguito di una faticosa risalita per la collina vulcanica su cui si possono ammirare grossi cannoni di difesa militare, una vela bianca alta diversi metri e numerosi scultori, pittori, rigattieri pronti a vendervi qualsiasi cosa per pochi CFA. Spiccano i rastafariani manufattori di tele in stile batik con superfici sabbiate ed iscrizioni personalizzate. Si possono ricevere regali strani per la sola promessa di pubblicizzare la loro attività, come una bottiglia di vetro contenente: "polvere del deserto", sabbia dell'isola di Gorée, un pestato nero ricavato dall'albero della mangrovia, fascino africano banalizzato. C’è tempo, infine, per un ultimo saluto all'”uomo tranquillo”, installazione dedicata alla pace famigliare che consiste in un uomo sdraiato con un cappello in testa che, in compagnia di sua moglie e di un bambino che dorme ai suoi piedi, guarda fisso davanti a sé. Le contraddizioni interne alla famiglia sono rappresentate da un vaso metallico ove si lasciano cadere (insieme alle mance) tutti gli scontri, i disaccordi, le cose che non funzionano.
Ma ciò che rende davvero faticosa la permanenza in questo Eden sono senza dubbio i commercianti ambulanti. Professionisti spennatori di polli bianchi, vi domanderanno almeno 105 volte di comprare uno qualsiasi dei loro pezzi, dalla collana alla statuetta, dalla maschera al dipinto su tela, dalle maracas al portachiavi. Vi inviteranno a fare un giro "veloce" nella loro boutique, nel proprio atelier, nei propri bar, talvolta anche a casa loro.
Nel pomeriggio oziamo con una Gazelle ed un thè arabo di prima tiratura, forte e amaro come lo amo da sempre (nero rwandese ancora imbattuto per qualità), guardando i bambini che sguazzano nell'acqua del porto dove il battello "beer" arriva per caricare gli ultimi girovaghi rimasti sull'isola. La folla preme per prendere posto sull'imbarcazione diretta a Dakar. Si spingono persino le Grand-Mamans velate che, al termine della cerimonia giornaliera, saltano senza problema la lunga fila chilometrica d'accesso ai posti a sedere. Per farle rispettare l'ordine di salita - senza barare e senza scuse di alcun tipo - gli addetti alla sicurezza si rodono il fegato e si raschiano la gola probabilmente evitando anche d'imprecare in questo giorno dedicato alla preghiera...che non ci sia più religione né le gentili, carine, educate vecchiette di una volta?
Infine, come non terminare questa nostra - direbbero gli Aerosmith - «permanent vacation» di un giorno, se non con un narghilè alla menta con thè alla menta nel pacchianissimo locale "Caesar's" situato a pochi metri dal Palazzo Presidenziale?
Foto: "Che vivere a pochi passi dall'oceano alzi automaticamente la qualità della vita?" by Ntwari J. Pascal
Per puro caso, proprio oggi troviamo in corso una cerimonia religiosa islamica che si svolge una sola volta l'anno. La conducono diversi capi religiosi, cantando e pregando versi sacri dentro un microfono amplificato in circa 10 casse da concerto rock alte due metri. Impossibile scampare a quel suono che si propaga per ore durante tutta la giornata, nè alle urla dei bambini che ti chiedono un «cadeau» per poi tornare a giocare a pallone su una distesa di sabbia con due enormi porte dalle reti strappate.
Un thiof grigliato ed un piatto thiboudienne: un pranzo leggero ed economico, in riva al mare, a seguito di una faticosa risalita per la collina vulcanica su cui si possono ammirare grossi cannoni di difesa militare, una vela bianca alta diversi metri e numerosi scultori, pittori, rigattieri pronti a vendervi qualsiasi cosa per pochi CFA. Spiccano i rastafariani manufattori di tele in stile batik con superfici sabbiate ed iscrizioni personalizzate. Si possono ricevere regali strani per la sola promessa di pubblicizzare la loro attività, come una bottiglia di vetro contenente: "polvere del deserto", sabbia dell'isola di Gorée, un pestato nero ricavato dall'albero della mangrovia, fascino africano banalizzato. C’è tempo, infine, per un ultimo saluto all'”uomo tranquillo”, installazione dedicata alla pace famigliare che consiste in un uomo sdraiato con un cappello in testa che, in compagnia di sua moglie e di un bambino che dorme ai suoi piedi, guarda fisso davanti a sé. Le contraddizioni interne alla famiglia sono rappresentate da un vaso metallico ove si lasciano cadere (insieme alle mance) tutti gli scontri, i disaccordi, le cose che non funzionano.
Ma ciò che rende davvero faticosa la permanenza in questo Eden sono senza dubbio i commercianti ambulanti. Professionisti spennatori di polli bianchi, vi domanderanno almeno 105 volte di comprare uno qualsiasi dei loro pezzi, dalla collana alla statuetta, dalla maschera al dipinto su tela, dalle maracas al portachiavi. Vi inviteranno a fare un giro "veloce" nella loro boutique, nel proprio atelier, nei propri bar, talvolta anche a casa loro.
Nel pomeriggio oziamo con una Gazelle ed un thè arabo di prima tiratura, forte e amaro come lo amo da sempre (nero rwandese ancora imbattuto per qualità), guardando i bambini che sguazzano nell'acqua del porto dove il battello "beer" arriva per caricare gli ultimi girovaghi rimasti sull'isola. La folla preme per prendere posto sull'imbarcazione diretta a Dakar. Si spingono persino le Grand-Mamans velate che, al termine della cerimonia giornaliera, saltano senza problema la lunga fila chilometrica d'accesso ai posti a sedere. Per farle rispettare l'ordine di salita - senza barare e senza scuse di alcun tipo - gli addetti alla sicurezza si rodono il fegato e si raschiano la gola probabilmente evitando anche d'imprecare in questo giorno dedicato alla preghiera...che non ci sia più religione né le gentili, carine, educate vecchiette di una volta?
Infine, come non terminare questa nostra - direbbero gli Aerosmith - «permanent vacation» di un giorno, se non con un narghilè alla menta con thè alla menta nel pacchianissimo locale "Caesar's" situato a pochi metri dal Palazzo Presidenziale?
Foto: "Che vivere a pochi passi dall'oceano alzi automaticamente la qualità della vita?" by Ntwari J. Pascal
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