sabato 25 agosto 2018

22 marzo 2014


Dopo che ieri sera un espatriato ci ha riferito, quasi per caso, aggiornamenti sui test del campione di sangue inviato in capitale, oggi la conferma ufficiale:

«(ANSA) - CONAKRY, 22 MAR - L'epidemia di febbre virale emorragica registrata nel sud della Guinea, che secondo un ultimo bilancio ha provocato 34 morti, è causata dal virus dell'Ebola: lo ha detto all'Afp il responsabile della prevenzione presso il ministero della Sanità a Conakry, Sakoba Keita. Ieri sera, il ministero aveva comunicato che un'epidemia di febbre emorragica aveva ucciso 29 persone, ma non aveva precisato la natura della malattia.»

In questo quadro generale poco confortante, per ora si continua l'avventura. Parliamo d'altro.

Sembra quasi impossibile non descrivere una realtà diversa dal nostro giardino d'Occidente senza passare da una cucina. Questa volta il setting è posto sotto un albero di mango fuori da casa di Angela. Un cane, piccioni e gallinelle corrono tra piccoli cumuli di residui vegetali e mattoni in terra rossa che sorreggono grosse pentole poste sui carboni ardenti, piene di riso in cottura. Grosse nuvole di fumo cambiano direzione seguendo il volere nevrotico delle folate di vento finendo ciciclamente a farci lacrimare gli occhi. Un pollo spennato viene lavato con gran cura, come se fosse un neonato (vista alquanto comica), prima di essere fatto a pezzi e gettato in bacinelle di acciaio poggiate sulla terra rossa. Di fronte, in un campo di arachidi, una donna è piegata a zappare velocemente, con piccoli colpi, il duro terreno circondata dal rumore dei mortai e da un piccolo cantiere ove si piegano pezzi di ferro o si riempiono cariole di cemento. In questo grande scenario caotico mi viene affidata la pestatura della salsa di melanzane, tramite un grosso bastone di legno, mentre da un bidone vengono colati litri d'olio (non riesco a capire cosa sia il contenuto) per friggere insieme pesci, pollo e verdure. In sottofondo compare una radio "pour la jeunesse forestière" condotta da una voce femminile irritante che propone hit reggae e pezzi di musica tradizionale. Una frase di Angela riassume tutto questo gran bazar culinario: "nous, en Afrique, on est une grande famille". Mi ipnotizzo nella pulitura del riso importato, posto in un grosso contenitore in vimini, imbiancato dall'amido e col piacere tattile di immergere le mani in tutti quei chicchi. Mangiamo dopo circa tre ore di preparazione ma con grande soddisfazione delle nostre fauci (rifiuto solo i grilli fritti nell'olio di palma rosso, chiedo venia). Nel tardo pomeriggio arrivano le danze: le donne, riunite per fare colletta in vista della risoluzione di qualche difficoltà entro la comunità, al ritmo costante e veloce di pentole di alluminio, maracas e cantilena ciclica, battono elegentemente i piedi a terra passandosi come testimone una coda di capra. Per noi ospiti viene posto una striscia di tela sulle ginocchia mentre quattro donne ci vengono incontro poggiandosi, al termine della musica, ai nostri piedi in segno di saluto. Ciclicamente vengono fatte offerte in denaro, custodite sotto le pentole che vibrano. L'atmosfera è molto accogliente e di fatto la grande famiglia (nulla a che fare con la ristretta, biologica parentela europea) conta almeno 30 persone partecipanti. Infine, ci viene donato del vino di palma con cui festeggiamo al compound in compagnia dei nostri vicini di casa: redistribuzione di risorse e "medicament" naturale al servizio di un bel sabato sera.

Foto: "Il dessert è servito" by Ntwari Bear
 
 

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