Comincio a provare una leggera insofferenza. Tuttavia, basteranno solo tre punti per riepilogare la situazione.
Punto primo. Non amo i replay, soprattutto se trasmessi al lento, viscido ritmo beiruttiano. En boite, tornano i pessimi attori libanesi di seconda mano delle settimane passate attorniati da amiche "professioniste" dimostrando che, al peggio, non c'è mai fine. Pensare che soldi e faccia tosta possano comprare tutto, questo è il problema, non «to be or not to be», William S.! Ci vorrebbe un Hemingway qui, al bancone, capace di raccontarti grandi storie e di annoiarti illustrandoti i trucchi del mestiere sulla pesca alle trote, con in sottofondo "drunk on the moon" di Tom Waits e quella luna tagliata a metà, colorata di rosso, ferma nel cielo equatoriale senza muovere un passo. Dov'è la profondità, non dico la poesia, ma quel qualcosa in più per cui vivere oltre a muovere il culo credendosi Humphrey Bogart rimanendo niente più che Ronald McDonald? Ma sì, forse è chiedere troppo, forse è meglio rimanere in superficie.
Punto secondo. Penso a tutto questo prendendomi una pausa mentale, mentre continuano ad arrivare notizie internazionali sull'epidemia di ebola nell'indifferenza diffusa della popolazione. Mi domando se si tratti di eccessivo allarmismo bianco-tubabù o se i locali sarebbero capaci di rimanere a ballare fino all'ultimo sintomo. In questi momenti si esplicitano i metri di misura, la percezione della realtà con lenti fabbricate da ottici di scuole ben differenti e, spesso, è un bene prendere le distanze. Qui pare non viga nessuna preoccupazione. Almeno, fino a quando non si presenti qualcuno sputando sangue nero alla vostra porta.
Punto terzo. E se pensassimo a qualcosa in più di una partita di Champion's mentre il mondo ci mette in quarantena? Se noi - forse anche il vicino di casa - stiamo bene, tutto va davvero bene? Il pomeriggio trascorre tra la ricerca e l'inoltro di articoli, notizie ed aggiornamenti di un virus passato a poche centinaia di chilometri più in là di N'Zérékoré mentre, nel quartiere limitrofo, si sentono le urla per ogni gol messo a segno. Bere spensierati, certo, non disperarsi, senza dubbio. Ma nemmeno aspettare che piova per prendere l'ombrello sotto questi grossi nuvoloni neri carichi di pioggia.
Foto: "L'ombra del geko o 'L'Ombra dello Scorpione' di King?" by Ntwari Misha Puskjin
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