L'ormai solita colazione a base di yogurt e crunchy a basso costo che
precede la produzione del documentario sul Centro Medico-Chirurgico di
Gouécké diviene in questi giorni un momento immancabile, a tratti
persino rituale, una di quelle abitudini senza le quali le giornate
sembrano incredibilmente vuote seppur più leggere per la vostra
digestione. Unito ad una carrellata di perle
sul canale youtube "delle Meraviglie" firmate Crozza, poi, tutto
diviene fantasticamente etereo, lontano dall'odore di muffa della
vecchia, buia cantina della politica italiana che pare tuttavia sentirsi
persino qui, a 6 ore di aereo dall'Europa.
Dopo aver trovato chiuso per un soffio il museo d'arte africana "IFAN", gironzolo tra le vie del mercato tradizionale a lato di Boulevard de la République per ricongiungermi a quello di Place de L'Indèpendence, passando dai fili elettrici alle pentole all'abbigliamento all'oggettistica in plastica a qualsiasi cosa si possa vendere sotto questo cielo africano. Sono seguito in modo molesto, in una specie di staffetta con cambio ogni cento metri, da sfacciati abbindolatori che cercano un escamotage per fare breccia nelle tasche dei malcapitati. Capaci di annoiare fino allo sfinimento i passanti (bianchi, ovviamente) con chiacchiere e considerazioni su Africa, Europa, la propria boutique, gli odiati mercanti libanesi, la cattiva qualità della merce cinese, il cugino che vive in Italia, siate sicuri che costoro vi creeranno dei problemi di nervi e l'insorgere di un'incontrollabile insofferenza per i venditori ambulanti.
Nel tardo pomeriggio è tempo di un altro rito a cadenza quasi giornaliera: la sfida alle onde della cornice ovest di Dakar in una corsa parallela alla corrente sempre più alta, sempre più fredda, sempre più forte. Già sento la mancanza di queste faticate con vista stupenda sull'isola di Gorée, il vento dell'oceano che sorregge i numerosi rapaci a mezz'aria e la grande salita che porta ad uno dei fari della grande città senegalese.
Terzo rituale che chiude la giornata, un pomeriggio scribacchino e futur-progettuale mentre ascolto con disgusto "Honey Pie" di Paul McCartney in un'orrenda banalissima versione jazz lenta trasmessa alla radio con, a seguire, l'ennesima partita di Champion's League proiettata sul megaschermo del locale "Presse Cafè" che attira le solite grandi folle. Infine, la constatazione fattuale che il consumo di una birra serale in compagnia non è affatto un rituale, ma una scalcinata seppur innocua cattiva abitudine che si cerca regolarmente di debellare cercando un'alternativa (affatto valida o credibile) nell'acqua minerale naturale.
Foto: "Quando par di sentire l'odore della politica italiana persino qui, sull'equatore", post-pro by Ntwari J. Pascal
Dopo aver trovato chiuso per un soffio il museo d'arte africana "IFAN", gironzolo tra le vie del mercato tradizionale a lato di Boulevard de la République per ricongiungermi a quello di Place de L'Indèpendence, passando dai fili elettrici alle pentole all'abbigliamento all'oggettistica in plastica a qualsiasi cosa si possa vendere sotto questo cielo africano. Sono seguito in modo molesto, in una specie di staffetta con cambio ogni cento metri, da sfacciati abbindolatori che cercano un escamotage per fare breccia nelle tasche dei malcapitati. Capaci di annoiare fino allo sfinimento i passanti (bianchi, ovviamente) con chiacchiere e considerazioni su Africa, Europa, la propria boutique, gli odiati mercanti libanesi, la cattiva qualità della merce cinese, il cugino che vive in Italia, siate sicuri che costoro vi creeranno dei problemi di nervi e l'insorgere di un'incontrollabile insofferenza per i venditori ambulanti.
Nel tardo pomeriggio è tempo di un altro rito a cadenza quasi giornaliera: la sfida alle onde della cornice ovest di Dakar in una corsa parallela alla corrente sempre più alta, sempre più fredda, sempre più forte. Già sento la mancanza di queste faticate con vista stupenda sull'isola di Gorée, il vento dell'oceano che sorregge i numerosi rapaci a mezz'aria e la grande salita che porta ad uno dei fari della grande città senegalese.
Terzo rituale che chiude la giornata, un pomeriggio scribacchino e futur-progettuale mentre ascolto con disgusto "Honey Pie" di Paul McCartney in un'orrenda banalissima versione jazz lenta trasmessa alla radio con, a seguire, l'ennesima partita di Champion's League proiettata sul megaschermo del locale "Presse Cafè" che attira le solite grandi folle. Infine, la constatazione fattuale che il consumo di una birra serale in compagnia non è affatto un rituale, ma una scalcinata seppur innocua cattiva abitudine che si cerca regolarmente di debellare cercando un'alternativa (affatto valida o credibile) nell'acqua minerale naturale.
Foto: "Quando par di sentire l'odore della politica italiana persino qui, sull'equatore", post-pro by Ntwari J. Pascal
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